Padre e figlia di 59 e 21 anni, accusati di maltrattamenti e lesioni sulla - rispettivamente - moglie e madre, erano stati allontanati da casa con il divieto di avvicinarsi alla donna, entrambi con braccialetto elettronico. La misura cautelare era stata disposta dal giudice sei giorni dopo la denuncia ma dopo gli interrogatori di garanzia, a distanza di una settimana, lo stesso gip ha revocato il divieto di avvicinamento.
«Sia il padre che la figlia - ha scritto il giudice nel provvedimento, accogliendo l’istanza del difensore, l’avvocato Gaetano Sassanelli - hanno riferito di una difficile situazione familiare», dichiarando che la donna «era solita tenere un atteggiamento aggressivo nei confronti di tutti i familiari» e in particolare del marito e della figlia, «spesso acuito dal consumo di bevande alcoliche». A sostegno delle loro parole, i due indagati hanno prodotto video e file audio la cui visione ha convinto il giudice a condividere la tesi difensiva e a ritenere la «carenza del quadro indiziario» con riferimento ai maltrattamenti.
Sulle lesioni, invece, le indagini coordinate dal pm Claudio Pinto continuano perché ci sono referti medici a documentarle. Stando alla denuncia della donna, padre e figlia la offendevano e ingiuriavano quotidianamente, minacciandola con frasi come «non vedo l’ora che muori», «ti uccido», denigrandola continuamente «dicendole di non essere una buona madre e di essere una alcolizzata incapace di sopperire alle esigenze della famiglia e isolandola in casa», oltre ad aggredirla. In una occasione, infatti, all’inizio di marzo scorso, il marito avrebbe percosso la donna colpendola con un pugno al volto, facendola cadere a terra e procurandole traumi a cranio, spalla e mano. A fine maggio, poi, ultimo episodio raccontato dalla donna che subito dopo ha deciso di denunciare i suoi familiari, entrambi gli indagati la avrebbero picchiata colpendola al volto e in più parti del corpo, «riempiendomi di calci e pugni e scuotendomi violentemente» ha poi riferito la donna, causandole fratture e contusioni.
Quando la donna ha denunciato, ha raccontato quella che nelle sue parole veniva descritta come una tormentata vita matrimoniale, iniziata 23 anni prima. I rapporti tra i due, stando alla versione della presunta vittima, sarebbero «precipitati negativamente», con continui violenti litigi, negli ultimi anni, fino alla separazione di un anno fa. Avevano però continuato a vivere sotto lo stesso tetto. È stata la stessa donna a raccontare dei suoi problemi di alcolismo, causati - ha spiegato - soprattutto dalla conflittuale situazione familiare. Nel dettagliato racconto fatto ai carabinieri, la presunta vittima ha anche accusato la figlia di averle sottratto il pc aziendale (marito e moglie lavoravano insieme), cambiando le credenziali di accesso alle mail e così estromettendola dall’attività. Ha poi riferito le frasi e i gesti minacciosi che il marito le avrebbe rivolto in più occasioni: «Spesso mentre parlo mi guarda fisso e con la mano fa verso di me il segno della croce»; e quelle pronunciate dalla figlia: «Qualche volta ti ucciderò».
Subito dopo la denuncia, all’indomani dell’ultima presunta aggressione, la Procura - nei tempi strettissimi previsti dal Codice Rosso - ha raccolto le testimonianze di familiari e conoscenti che avrebbero confermato «il regime vessatorio e mortificante» cui sarebbe stata sottoposta la donna. Nel provvedimento cautelare, poi revocato, il gip parlava di «allarmante quadro indiziario a carico di entrambi che si coalizzavano contro la donna», dimostrando «insani sentimenti di rabbia nei confronti della vittima» e tenendo «un atteggiamento aggressivo e sopraffattore».
Dieci giorni dopo, avendo raccolto l’opposta versione fornita da padre e figlia, il giudice ha revocato la misura cautelare per carenza di indizi di colpevolezza (almeno sui maltrattamenti).