Da mesi ormai non è più nel programma di protezione dedicato ai collaboratori di giustizia, ma Domenico Milella, ex braccio destro del boss di Japigia Eugenio Palermiti, conosciuto a Bari come «Mimmo u gnor», continuerà a dire quello che sa. E dopo aver rivelato i «segreti» della mafia barese, almeno dell’ultimo decennio, dando ai magistrati spunti per indagare su narcotraffico, faide ed estorsioni, ha iniziato a parlare anche con i pm liguri. Gli stessi che a novembre scorso lo hanno arrestato - di qui la revoca del programma di protezione - per traffico e spaccio di droga. La vicenda risale a dicembre 2022 ma, ha accertato la Procura di Genova alla quale Milella ha confessato tutto, le attività illecite del «pentito» sarebbero andate avanti per mesi. I pm genovesi hanno ora chiuso le indagini su quella storia, che dopo i processi per omicidio e mafia, potrebbe costare presto all’ex boss barese un nuovo procedimento per narcotraffico, questa volta a mille chilometri da casa. Al 44enne Milella e altre 16 persone, tra le quali altri quattro volti e noni noti alla mala barese, Giuseppe Quarto, 26 anni, Domenico Lavermicocca, 35 anni, Vito Tritta, 55 anni e Ivan Loiacono, 50 anni, tutti attualmente detenuti in carcere, la Procura di Genova contesta a vario titolo i reati di traffico e spaccio di droga, detenzione e porto di armi, ricettazione, violenza e minaccia a pubblico ufficiale, tentata rapina.
I magistrati hanno scoperto che anche dopo la collaborazione con la giustizia e il trasferimento in una località protetta del nord Italia, Milella avrebbe continuato a trafficare droga, insieme ad una serie di complici baresi, emigrati al Nord. Avrebbero cercato di imbastire le trame di un nuovo traffico di stupefacenti partendo dalla rapina ai danni di un corriere della droga, di un carico di 6 chili di cocaina giunto dalla Spagna. Colpo tentato nel quartiere Marassi di Genova, ma fallito per l’intervento casuale di un finanziere (aggredito e minacciato con un coltello). Partendo dall’identificazione di Milella, gli investigatori della Mobile del capoluogo ligure (con l’aiuto dei colleghi di Bari) sono riusciti a ricostruire la rete delle presunte complicità: tutti pentiti o ex collaboratori di giustizia sotto protezione.
Ai pm Milella ha raccontato che si trovava in un momento di difficoltà economica e che aveva deciso di fare quell’unico «colpo», senza l’intenzione di rientrare in contesti criminali. L’idea - ha spiegato ai magistrati - gli sarebbe venuta grazie ad una conoscenza fatta in carcere, un narcotrafficante di cocaina dalla Colombia che gli avrebbe proposto l’affare. I carichi di cocaina, infatti, arrivavano dal sud America in Spagna ed entravano in Italia nei doppifondi di automobili «pulite» condotte da corrieri insospettabili attraverso i valichi doganali di Piemonte e Liguria, per poi essere smistati a La Spezia, Lodi, Bergamo, Lecce, Salerno, Monza e infine Bari.