BARI - «La condotta posta in essere dal Volpe è da qualificarsi abusiva nella misura in cui lo stesso ha indebitamente utilizzato la posizione soggettiva di professore universitario di nota fama nel territorio di Bari, vantando la sua posizione di prestigio sociale ed economico, asserendo di avere un’influenza notevole nelle carriere degli studenti e degli assistenti universitari, tanto da poter decidere il destino dei suoi sottoposti sulla base del suo volere». E’ quanto scrive il Tribunale di Bari nelle motivazioni della sentenza con cui ha condannato a cinque anni di reclusione Fabrizio Volpe, professore associato di Diritto civile dell’Università di Bari, per induzione indebita nei confronti di una studentessa cui avrebbe chiesto sesso e soldi in cambio del superamento di esami universitari.
Il Tribunale ha anche dichiarato per Volpe l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, oltre a condannarlo al risarcimento dei danni nei confronti dell’Università con una provvisionale di 30mila euro. Altre due ipotesi di tentata violenza sessuale sono invece state dichiarate prescritte. Dopo la sentenza l'Università ha sottoposto il docente a procedimento disciplinare ed è stata disposta una sospensione cautelare dal servizio per 12 mesi.
La natura e la «gravità dei reati contestati al prof. Volpe» hanno «arrecato un grave danno di immagine all’intera» Università di Bari, scrive ancora il Tribunale. «L'intensità del dolo - si legge - si desume dalla determinazione del Volpe nell'abusare a lungo della propria funzione pubblica nei confronti della vittima e dal suo vantarsi con terzi di tali condotte, come risulta dalle intercettazioni telefoniche, nelle quali egli si compiace del proprio potere nei confronti delle studentesse». E ancora: «Le plurime condotte dell’imputato sono avvinte da un medesimo disegno criminoso finalizzato a concretizzare l’interesse di tipo sessuale che il Volpe nutriva per» la studentessa «mediante un insieme di condotte volte a vincere la resistenza della ragazza a concedersi sessualmente, convincendola di essere di fronte ad una persona influente nell’ambiente universitario nei cui confronti poteva essere vantaggioso mostrarsi accondiscendente. Tale atteggiamento - scrivono i giudici - è stato dimostrato più volte dall’imputato nei rapporti con le studentesse di cui riferisce nelle intercettazioni telefoniche in cui si vanta della propria influenza nei confronti delle stesse». La gravità di tale comportamento, si legge sempre nelle motivazioni,«risiede in modo peculiare nella sudditanza psicologica a cui erano sottoposti non solo gli studenti, ma anche gli assistenti di cattedra, le cui carriere professionali erano orientate dal volere dell’odierno imputato».
«Il Volpe – si legge ancora nelle motivazioni - rendeva edotta la studentessa del potere di influire non solo sull’andamento degli esami delle altre materie universitarie, bensì dell’esame di cui lui era titolare di cattedra, ossia diritto civile, anticipandole le domande, così esercitando un'attività lecita e doverosa con modalità illegittime deviandola per un fine diverso, ossia per conseguire un’utilità sessuale o economica».
Sull’elemento psicologico della condotta contestata al docente, il Tribunale ha osservato che «l’imputato, oltre ad autodefinirsi un “Eurostar Roma – Bari”, ossia un’occasione imperdibile per una studentessa di provincia, affermava che una donna di serie B come la … avrebbe dovuto assecondare il suo volere in quanto uomo di potere ed influente nell’ambito universitario, letteralmente “la terra dell'Università di Bari”».
Il comportamento del Volpe – scrive ancora il Tribunale - «non era implicito né fine a sé stesso, ma era teleologicamente orientato ad ottenere un tornaconto personale, di natura sessuale o economica, così come emerge dalle dichiarazioni esplicite dello stesso imputato, il quale, dopo aver concordato le modalità di sostenimento degli esami universitari, specificava alla […] che il suo interesse primario era quello di intrattenere una relazione personale con lei».
«Tale finalizzazione – prosegue ancora la sentenza - emerge altresì dalle dichiarazioni della […] in sede dibattimentale, ove ella ha descritto a più riprese l’interesse del Volpe, in quanto, nonostante la decisione di accettare la dazione di una somma di denaro in cambio del superamento degli esami, l’imputato si ostinava esplicitare condotte di natura sessuale, sino all’episodio di tentata violenza avvenuto nel maggio 2014, in occasione del quale ella si era recata presso lo studio privato di Volpe, subendo la condotta intrusiva nella sua libertà sessuale, in quanto il professore, a suo dire, dopo aver cercato di abbracciarla e braccarla, si sarebbe abbassato le mutande e i pantaloni al fine di ricevere sesso orale».
Il Tribunale ha comunque sottolineato, proprio in accordo alla riconosciuta sussistenza dell’induzione indebita rispetto all'accusa iniziale di concussione, che la studentessa non è stata «costretta» con minacce ad accettare un patto illecito, ma lo ha accettato intravedendo un possibile vantaggio: «La condotta del Volpe ha agito, alterandolo, nel processo volitivo della studentessa che non è stata "piegata" dalla sopraffazione del pubblico ufficiale, ma soltanto "condizionata" dal suo potere, tanto da prendere una decisione utilitaristica in relazione ai fini che si era prefissata di raggiungere, senza sentirsi minacciata di un male ingiusto, in quanto la minaccia, così come evocata dal concetto di costrizione, è estranea all’induzione, perché presuppone un autore e una vittima».