Venerdì 17 Ottobre 2025 | 13:06

«Le bugie di Mingo»: ecco perché l’ex inviato di «Striscia» deve risarcire un poliziotto

«Le bugie di Mingo»: ecco perché l’ex inviato di «Striscia» deve risarcire un poliziotto

 
Isabella Maselli

Reporter:

Isabella Maselli

Il «castello di menzogne» di Mingo contro il poliziotto che indagava su di lui

Le motivazioni della sentenza di Appello: calunnia prescritta, ma lui e la moglie pagheranno i danni

Sabato 26 Aprile 2025, 06:00

08:57

BARI - L’ex inviato barese di Striscia la Notizia Domenico De Pasquale, nome d’arte Mingo, e la moglie Corinna Martino, dovranno risarcire il poliziotto che stava indagando su di loro per le «affermazioni gravemente lesive della dignità professionale di un appartenente alle forze dell’ordine» dalla «specchiata carriera». In primo grado i due erano stati condannati per calunnia alla pena di 2 anni e 6 mesi di reclusione (Mingo anche a 7.500 euro di multa per l’altra accusa di diffamazione aggravata). Rispondevano di aver incolpato, pur sapendolo innocente, di abuso d’ufficio e falsità ideologica l’assistente capo della polizia Gianluca De Stefano, ufficiale di pg della Procura, che aveva condotto le indagini (per truffa ai danni di Mediaset, simulazione di reato e diffamazione) nei confronti dell’ex inviato del tg satirico e della moglie. La Corte di Appello ha dichiarato l’estinzione dei reati per prescrizione, ma ha confermato le statuizioni civili. Per la calunnia e la diffamazione finalizzata a «screditare nella dignità personale e professionale» dell’investigatore «attribuendo al pluridecorato ispettore di polizia De Stefano gravissimi reati», i due imputati dovranno quindi risarcire la parte civile, assistita dall’avvocato Andrea Moreno, con provvisionali di 10mila lei e 15mila lui.

Per usare le parole del giudice di primo grado, le cui valutazioni la Corte di Appello dice di condividere, i due avrebbero costruito nei confronti del poliziotto una «macchina del fango» nel tentativo di «inquinare le prove a loro carico», accusandolo di aver estorto dichiarazioni ai testimoni e falsificato i verbali. Martino, in una denuncia contro l’investigatore - sulla base della quale De Stefano è stato anche indagato - «attraverso la manipolazione» dei fatti, «costruiva un castello di menzogne, rispetto al quale non poteva avere alcuna consapevolezza di veridicità, per la semplice ragione - si legge negli atti - che nessuno dei suoi collaboratori le aveva mai riferito tali circostanze». Nella denuncia si era «dato per certo non solo il clima di terrore indotto nei testi, ma anche le presunte condotte gravissime del pubblico ufficiale che avrebbe estorto dichiarazioni non veritiere e falsificato i verbali» scrivono i giudici della Corte di Appello. Tutto poi è stato smentito dagli stessi testimoni. I due imputati, cioè, sarebbero andati «a pescare in fatti del passato per colorarli di sospetti e ottenere qualche riscontro alle proprie improvvide accuse». Mingo, poi, sarebbe andato oltre, convocando una conferenza stampa (il cui contenuto fu anche diffuso sui social) per ribadire quelle accuse infondate. Anche se i reati sono ormai prescritti, «stante la lesione alla reputazione e onorabilità» del poliziotto, la Corte ha comunque confermato la condanna di Mingo e della moglie al risarcimento dei danni.

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