«L'ultimo ricordo che ho di Papa Francesco? Risale al 31 agosto, eravamo in udienza per il Capitolo Generale con tutti i ministri provinciali dei Frati Minori Cappuccini dal mondo. Quando sono andato a salutarlo, nella Sala Clementina, gli ho portato i saluti dei detenuti del carcere di Bari. E lui mi ha detto: "Quello che fai è un bel servizio, ascoltali sempre e consolali"». A parlare è padre Gianpaolo Lacerenza, che, tra i suoi diversi incarichi ecclesiastici, ricopre anche quello di delegato per il Servizio della pastorale carceraria. Lacerenza, classe 1978, sta vivendo questi giorni di lutto per la comunità cristiana in Albania,in particolare nel Nord del Paese, dove i frati cappuccini già da 30 anni sono in missione nelle periferie, ad esempio con una sezione di recupero scolastico per le comunità Rom nella città di Scutari. Ma anche nelle zone rurali, dove la comunità ha ricostruito ciò che era stato distrutto dal regime comunista.
«Nel 2014 - ricorda - ho partecipato al Giubileo della Misericordia, anche in quell’occasione ho avuto modo di incontrarlo di persona. Ho ricevuto il suo sorriso, il sorriso di chi sa che compiere un servizio come quello di chi opera in carcere richiede molto senso di speranza. Ecco, è questo il messaggio che il Papa ci ha lasciato. I luoghi della povertà sono luoghi in cui bisogna entrare in punta di piedi con la speranza nel cuore, con gli occhi rivolti a Gesù che ci ama».
La cappella del carcere di Bari porta oggi il nome di un’Enciclica di Francesco, Fratelli Tutti: «Vado lì per ascoltare i detenuti, tutti. L’abbiamo intitolata così perché, nello spirito del santo di Assisi, lì ci sentiamo fratelli tra fratelli. Dare ascolto a una persona significa ridargli speranza».
«In Puglia - continua il frate - portiamo avanti l’eredità di Francesco con un progetto partito grazie all’esortazione apostolica dell’Amoris Laetitia, un documento che il Santo Padre ha scritto per le famiglie nel 2016. Dal 2021, assieme ad alcune coppie e ad alcuni frati, abbiamo messo su un laboratorio, che prende il nome di Amoris Laetitia appunto, rivolto alle coppie in difficoltà e pensato per far riscoprire il dono dell’amore in famiglia, il senso della propria missione, che non è il talento o la carriera ma l’amore che ci si dona».
«Il suo magistero ci ispira molto come frati cappuccini, anche questa missione oggi la sto portando in Albania, dove sono arrivato proprio la sera di lunedì, il giorno che Francesco è morto», spiega Lacerenza. «Anche qui incontriamo le famiglie dal Nord dell’Albania con il laboratorio Amoris Laetitia, anche qui abbiamo risposto all’appello del Papa di accrescere l’amore, condividendolo tra tutti».
«Ci sono stati altri episodi in cui l’ho incontrato personalmente. Lui aveva un momento di tenerezza per tutti. Il suo messaggio fondamentale? Riscoprire la gioia del Vangelo. La gioia non viene dalle cose terrene, ma dalla relazione che abbiamo con Dio».