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«Paga o sarai condannato», a giudizio commercialista barese. La Procura: chiese 300mila euro a un imprenditore

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

«Paga o sarai condannato», a giudizio commercialista barese. La Procura: chiese 300mila euro a un imprenditore

Massimiliano Soave accusato di tentato traffico di influenze illecite per una sentenza tributaria

Mercoledì 27 Novembre 2024, 12:44

BARI - La richiesta di denaro avanzata a un cliente per truccare una sentenza tributaria configurerebbe il reato di traffico di influenze illecite, nella inedita forma del tentativo. Insomma, una sorta di tentativo di millantare credito molto vicino a un tentativo di corruzione avvenuto tra privati. Questo perché il commercialista barese Massimiliano Soave non è pubblico ufficiale, e il cliente, l’imprenditore barlettano Giorgio Cosentino, non ha mai consegnato i 300mila euro che sarebbero serviti a evitargli una condanna. È l’accusa che ha fatto finire a giudizio Soave, ultimo rivolo barese delle indagini sui magistrati di Trani: il professionista, 58 anni, sarà processato a partire dal 25 gennaio davanti al giudice Domenico Mascolo.

Lo ha deciso ieri il gup Giuseppe Battista, accogliendo la richiesta di rinvio a giudizio della pm Chiara Giordano che ha esercitato l’azione penale dopo la denuncia presentata a Lecce da Cosentino. Il fascicolo infatti coinvolgeva inizialmente anche l’ex magistrato Michele Nardi, componente della commissione tributaria regionale davanti a cui nel 2018 dovevano essere discussi i ricorsi di Cosentino: per Nardi è stata archiviata l’ipotesi iniziale di tentata concussione, perché non è emersa la prova che l’ex giudice (radiato dal Csm e in attesa di appello dopo i 16 anni e 9 mesi in primo grado per associazione a delinquere, concussione e corruzione) fosse a conoscenza del presunto piano illecito ordito da Soave con cui c’erano effettivamente rapporti di conoscenza.

Cosentino denunciò che Soave avrebbe fatto da tramite delle richieste di Nardi: 400mila euro (poi scesi a 300mila) per annullare cartelle esattoriali da circa 2 milioni di euro. L’imprenditore si rifiutò di pagare, venne condannato e quindi (con l’avvocato Beppe Modesti, costituito parte civile) presentò denuncia parlando di «tre incontri» con Soave. La sentenza tributaria venne depositata quando Nardi era già finito in carcere su ordine del gip di Lecce (l’estensore è stato un diverso componente del collegio) con intere parti copiate dalla memoria dell’Agenzia delle Entrate, salvo poi essere annullata dalla Cassazione.

La pm Giordano nella richiesta di rinvio ha giudizio ha rilevato questa consecutio di fatti, rilevando che Cosentino si sarebbe determinato a denunciare soltanto dopo la condanna, ma ha anche espresso dubbi sulle dichiarazioni raccolte dalla difesa di Soave: una segretaria dello studio ha dichiarato di aver assistito al colloquio citato da Cosentino e di non aver mai sentito richieste di denaro. Il commercialista ha sempre smentito di aver parlato di soldi per influenzare i giudici, e ha provato a valorizzare i messaggi sempre cordiali scambiati con Cosentino. La sua difesa ha anche fatto rilevare che in realtà l’annullamento delle condanne in Cassazione è avvenuto solo per un motivo tecnico, volendo dimostrare che nel merito la sentenza della commissione tributaria regionale si era rilevata corretta. Dovrà essere il processo, dunque, a stabilire come sono andate le cose.

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