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Il dipinto del pittore pugliese Gasparro «incita all’odio contro gli ebrei»: udienza blindata con il rabbino capo di Roma

 
isabella maselli

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isabella maselli

Il dipinto del pittore pugliese Gasparro «incita all’odio contro gli ebrei»: udienza blindata con il rabbino capo di Roma

In aula sentiti i vertici della comunità ebraica nazionale, costituti parti civili con l’avvocato Roberto De Vita, che all’epoca denunciarono l’artista barese

Venerdì 15 Novembre 2024, 10:25

10:54

BARI - «Dal punto di vista storico la calunnia del sangue rappresenta uno degli strumenti più feroci con cui si è espresso l’odio antiebraico». Sono le parole di Riccardo Di Segni, rabbino capo della comunità ebraica di Roma, sentito nel processo in corso a Bari nei confronti di Giovanni Gasparro, pittore 40enne originario di Adelfia. Gasparro, assistito dall’avvocato Salvatore D’Aluiso, è imputato per propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa per alcuni commenti al post sul suo dipinto «Martirio di San Simonino da Trento».

L’opera - datata 2020 - riproduce l’omicidio di un bambino di Trento detto Simonino, scomparso misteriosamente la notte del 23 marzo 1475 e ritrovato morto trenta giorni dopo, con una ferita sanguinante al costato afferrato e circondato da membri della locale comunità ebraica intenti a raccogliere in una bacinella il sangue della ferita del bambino. Un falso storico, è stato poi accertato, tanto che il 28 ottobre 1965, durante il Concilio Vaticano II, la Chiesa abolì il culto del falso beato.

Il 24 marzo 2020 il pittore barese aveva pubblicato sul proprio profilo facebook 21 foto della propria opera pittorica «che immortala - sintetizza la Procura - la credenza antisemita della cosiddetta accusa del sangue e degli omicidi rituali, secondo la quale gli ebrei si sarebbero resi autori di sacrifici di bambini cristiani». Secondo la pm barese Larissa Catella con le risposte ai commenti ispirati dalla sua tela, il pittore avrebbe inoltre «propagandato e divulgato idee fondate sull’odio antisemita, atte ad influenzare le opinioni di un più vasto pubblico, scatenando e suscitando reazioni e commenti di cui vari dal chiaro contenuto antisemita di numerosi followers».

Ieri in aula sono stati sentiti i vertici della comunità ebraica nazionale e romana, costituti parti civili con l’avvocato Roberto De Vita, che all’epoca denunciarono l’artista barese. Il rabbino Di Segni ha spiegato che «il dipinto raffigura una scena mostruosa che deriva da una calunnia antica nella quale si sono voluti rappresentare gli ebrei come responsabili di un efferato delitto a scopo religioso. Calunnia portatrice di una ideologia antiebraica». La pubblicazione dell’opera e i circa 6mila commenti che ha suscitato «hanno provocato nella comunità reazioni emotive abbastanza intense».

Per Noemi Di segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, il dipinto «incita all’odio e alla propaganda antiebraica tipica del periodo fascista e nazista», sviluppando un «dibattito ostile e accusatorio nei confronti del mondo ebraico». La presidente Di Segni ha evidenziato poi la «preoccupazione a livello internazionale di un nuova diffusione dell’odio antiebraico», creando situazioni di «pericolo». All’epoca della pubblicazione il pittore fu anche invitato a rimuovere immagini e post dai social da Milena Santerini, docente di pedagogia all’Università Cattolica di Milano e in quegli anni coordinatrice nazionale del Dipartimento per la lotta all’antisemitismo della Presidenza del Consiglio dei Ministri. «Scrissi una lettera a Gasparro - ha detto la docente, testimone nel processo - dicendogli che intravedevo nel quadro elementi di incitamento all’odio e chiedendo di toglierlo dal web ed evitarne la diffusione, ma è rimasto lì».

Nella prossima udienza del 17 aprile a rispondere alle domande di accusa e difesa sarà lo stesso pittore, che ieri ha assistito all'udienza blindata, con forze dell'ordine e scorte schierate.

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