BARI - Torna libero un altro dei protagonisti del presunto intreccio tra mafia e politica alle elezioni amministrative di Bari del 2019. Per Donato De Tullio, figlio di Michele «Sotto ghiaccio», il 60enne ritenuto l’interfaccia dell’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri per l’acquisto di voti dal clan di Japigia destinati all’elezione della moglie Maria Carmen Lorusso, il Tribunale del Riesame di Bari - dopo l’annullamento con rinvio della Cassazione - ha disposto la revoca della misura cautelare e ventiquattr’ore fa il 32enne ha lasciato il carcere dopo otto mesi in cella. È imputato in abbreviato con altre 107 persone, tra cui il padre, l’avvocato Olivieri e i capi clan di Japigia. Risponde di associazione mafiosa, voto di scambio politico mafioso e estorsione relativa ad una presunta partita di calcio truccata (l’incontro tra Corato Calcio e Fortis Altamura del 7 ottobre 2018). I giudici romani avevano accolto il ricorso della difesa, rappresentata dall’avvocato Giuseppe Giulitto, sia sulle esigenze cautelari che sui gravi indizi di colpevolezza e ora il Riesame in sede di rinvio ha disposto la liberazione del 32enne.
Nelle scorse settimane era stato scarcerato anche suo padre, Michele De Tullio, ma in quel caso l’ipotesi che alle elezioni amministrative di Bari del 2019 ci sia stato un accordo politico-mafioso nel procacciamento dei voti e che il 60enne vi abbia avuto un ruolo non era stata scalfita, perché i giudici avevano dichiarato inammissibili i motivi di ricorso sui gravi indizi di colpevolezza, senza entrare quindi nel merito dei reati dai quali gli imputati dovranno difendersi nel processo, ritenendo invece condivisibili quelli sulla cessazione delle esigenze cautelari: i fatti contestati sono datati (risalgono ormai a più di 5 anni fa) e da allora non c’è prova che abbia commesso altri reati.
Si attende l’udienza per un altro degli imputati nel processo, l’imprenditore di Altamura Christopher Luigi Petrone, accusato dell’intestazione fittizia di una società di caffè riconducibile al figlio cantante del boss Savinuccio, Tommy Parisi. Anche per lui la Cassazione ha annullato con rinvio il no alla scarcerazione, accogliendo il ricorso della difesa (l’avvocato Giulitto) sui gravi indizi di colpevolezza. Petrone, cioè, avrebbe fatto affari con alcuni esponenti del clan ma ciò non lo renderebbe contiguo al gruppo mafioso. «La mera “contiguità compiacente”, così come la “vicinanza” o “disponibilità” nei riguardi di singoli esponenti, anche di spicco, del sodalizio, - scrivono i giudici della Suprema Corte - non costituiscono comportamenti sufficienti a integrare la condotta di partecipazione all’organizzazione».
Superata la fase cautelare, saranno comunque i giudici di merito a pronunciarsi sulla responsabilità degli imputati (prossima udienza l’8 novembre). Oggi si tornerà in aula per gli altri imputati che sono a processo con rito ordinario, tra cui Maria Carmen Lorusso, e saranno sentiti alcuni collaboratori di giustizia.