BARI - Nel 2017 l’allora assessore regionale all’Urbanistica, Alfonsino Pisicchio, avrebbe fatto pressioni su dirigenti e funzionari pubblici attraverso il fratello Enzo per favorire un imprenditore amico nell’aggiudicazione di un appalto da 5,5 milioni di euro del Comune di Bari. Ruota intorno a questa vicenda l’accusa per cui i fratelli Pisicchio e altre sette persone rischiano il processo, dopo la travagliata storia degli arresti arrivati in piena campagna elettorale e il sospetto tentativo di inquinare le indagini.
La Procura di Bari ha chiesto il rinvio a giudizio contestando ai Pisicchio, al dirigente comunale Francesco Catanese, al funzionario Gianfranco Chiarulli e all’imprenditore Giovanni Riefoli l’accusa di corruzione e turbata libertà degli incanti. L’udienza preliminare è fissata al 25 settembre davanti al gup Nicola Bonante. Gli altri imputati sono l’imprenditore Vincenzo Iannuzzi, 54 anni, di Maratea, il broker assicurativo Cosimo Napoletano, 58 anni di Monopoli, l’assicuratrice Grazia Palmitessa, 36 anni, di Castellana Grotte e l’ex funzionario regionale Vincenzo Rinaldi, 67 anni, le accuse a vario titolo di corruzione, truffa aggravata allo Stato e falso materiale, oltre che un’ipotesi di false fatturazioni nei confronti di Riefoli ed Enzo Pisicchio.
Un’indagine, delegata alla Finanza, nata quasi casualmente: un esposto della stessa Regione a proposito di presunte richieste di denaro per il rilascio di autorizzazioni per le attività estrattive, con contestuale presentazione di garanzie fideiussorie false. Il falsario sarebbe Napoletano (l’unico tuttora rimasto ai domiciliari, dopo l’arresto in carcere del 10 aprile), che nelle intercettazioni risultava in contatto con Enzo Pisicchio. Da lì chi indaga è arrivato all’appalto da 5,2 milioni per la gestione dei tributi minori del Comune di...