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Frode fiscale milionaria, a Bari 12 condanne in appello

 
Isabella Maselli

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Isabella Maselli

Frode fiscale milionaria, a Bari 12 condanne in appello

Tra gli imputati l’avvocato barese Casalini e un commercialista

Lunedì 08 Luglio 2024, 12:05

BARI - Dodici condanne confermate (con pene leggermente ridotte per prescrizione dei reati) e risarcimenti milionari all’Agenzia delle Entrate. Si chiude così in appello il processo su un presunto giro di fatture false per oltre 100 milioni di euro realizzato attraverso la creazione di società cartiere sui cui conti correnti far transitare i flussi di denaro illecitamente accumulati mediante l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Alla sbarra c’erano imprenditori, un commercialista e l’avvocato barese Fabio Casalini, già coinvolto in passato in altre indagini su truffe alle assicurazioni e usura.

Stando agli accertamenti della Guardia di Finanza gli imprenditori, avvalendosi di imprese cartiere riconducibili a prestanome, avrebbero accumulato riservo occulte di denaro, fondi in nero depositati anche all’estero, grazie soprattutto a false fatture, per complessivi 107 milioni di euro in due anni. Questo contante non tracciabile sarebbe stato in parte intascato dai presunti componenti del sodalizio criminale, e in altra parte destinato alle relative attività imprenditoriali per pagamenti in nero di lavoratori e fornitori.

Sono state proprio le dichiarazioni di Casalini a fornire agli investigatori elementi utili a ricostruire la presunta attività illecita. Casalini, legale rappresentante di due delle società cartiere usate dal sodalizio per far girare il flusso di denaro illecitamente accumulato, ha raccontato di linguaggi in codice usati per quantificare il contante da consegnare e di rapporti con un non meglio identificato «canale romano». «Da alcuni imprenditori romani - ha spiegato - potevamo ottenere circa 100mila euro a settimana pagando una provvigione del 3 per cento» con «bonifici fatti all’estero». Al legale sarebbe stato «consegnato un telefonino usa e getta con memorizzato un solo numero in rubrica contraddistinto dalla lettera A. Dall’altro capo del telefono ci veniva detto: “sono il direttore, da ora in poi il telefonino squillerà una volta al giorno nei giorni feriali e vi daremo indicazioni sugli ordini dei bonifici esteri da fare”». Ad ogni consegna di denaro, poi, «la persona che arrivava da Roma si riprendeva il telefonino e ne lasciava uno nuovo, con un nuovo numero e una nuova sim».

Nel mirino dei finanzieri erano finite presunte fatture per operazioni inesistenti nei confronti della Miti srl e della Stimac srl, società attive nel settore della produzione di manufatti in cemento per le reti ferroviarie, ad opera di società compiacenti come la Phone Global Service che si occupava di «la fittizia cessione di ricariche telefoniche e cellulari». C’erano poi alcune società «cartiere» esistenti appunto solo sulla carta, e che avevano sì e no una sede. Le consegne di denaro erano state monitorate «in diretta» grazie alle intercettazioni.

Per indicare la quantità di denaro da consegnare venivano usati linguaggi criptici, come orari, collaudi o metrature di materiale. Se, per esempio, ci si dava appuntamento per la consegna dei soldi alle 17.50, voleva dire che l’incontro era alle 17 con 50mila euro.

La Corte di Appello, al termine del processo di secondo grado, ha preso atto della prescrizione di alcuni reati, quelli risalenti a più di un decennio fa, e ha rideterminato le pene inflitte, confermando responsabilità e la condanna a risarcire il Fisco. Il commercialista Giovanni Antonio D’Elia è stato condannato a 4 anni e 2 mesi, l’imprenditore Mario Melacarne a 4 anni e 6 mesi, l’avvocato Casalini a 2 anni e 9 mesi.

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