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Monopoli, investì e uccise la figlia: papà 87enne a processo per omicidio volontario aggravato

 
isabella maselli

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isabella maselli

Palagiustizia Bari

Ex palazzo Telecom, Bari

Il 2 giugno 2023 sul vialetto di casa al culmine di un litigio: le continue discussioni tra padre e figlia erano relative alla gestione della mamma malata

Lunedì 01 Luglio 2024, 14:41

MONOPOLI -  Travolse e uccise la figlia con la sua auto nel vialetto della loro casa di campagna, il 2 giugno 2023, al culmine di un violento litigio: l’87enne di Monopoli Vincenzo Formica finisce a processo. L’anziano è stato rinviato a giudizio per omicidio aggravato e domani, nei suoi confronti, inizierà il processo di primo grado dinanzi ai giudici della Corte di Assise di Bari.

L’uomo, sottoposto a fermo poche ore dopo il delitto, qualche giorno dopo ottenne i domiciliari con braccialetto elettronico. Dopo circa sei mesi, però, durante le festività natalizie, avrebbe manomesso il dispositivo violando così la misura. Per lui, quindi, si sono riaperte le porte del carcere, dove è tuttora detenuto.

L’indagine sull’omicidio, coordinata dal pm Lanfranco Marazia, ha accertato che la sera del 2 giugno l’anziano avrebbe investito la donna sul vialetto di casa, in una contrada alla periferia di Monopoli, al culmine di una accesa discussione relativa alla gestione della mamma malata, da tempo affidata alla figlia e che lui avrebbe voluto riprendere con sé. Gli accertamenti hanno rivelato che avrebbe investito «la figlia Mariangela, sormontandone il corpo con gli pneumatici (anteriori e posteriori), per poi allontanarsi senza prestare soccorso o chiamare aiuto». Ad allertare carabinieri e 118 furono alcuni vicini di casa che avevano sentito le urla di aiuto della donna, «seguite da un tonfo secco e poi da silenzio». Quindi, corsi sul posto, videro il corpo della 54enne, steso per terra lungo il vialetto di ingresso della casa. «Respirava a fatica e sanguinava da più punti» con fratture esposte e «il viso tumefatto» raccontarono i vicini. Quando l’ambulanza arrivò, per la donna non c’era ormai più nulla da fare. Il padre poi tornò sul luogo del delitto, sempre a bordo della sua auto. Parcheggiò il mezzo, con evidenti segni di sangue sullo sportello, e «con atteggiamento di assoluta indifferenza» scriveva il gip nell’ordinanza dell’arresto, si sarebbe avvicinato alla figlia, mostrando a chi era lì alcune ferite che aveva sull’avambraccio e che diceva di essersi provocato nel litigio con la donna e ammettendo «di aver probabilmente investito la figlia mentre usciva dal viale di casa», definendo l’accaduto «un incidente».

«Eravamo sulla veranda, a circa cento metri di distanza, quando abbiamo sentito le urla di una donna che chiedeva ripetutamente aiuto» hanno raccontato i vicini. Poi un rumore «sordo» e «dopo quel tonfo non abbiamo udito più nulla. Abbiamo cercato di capir da dove provenissero le grida. Lì abbiamo notato il cancello aperto e una donna stesa a terra. Dava l’impressione di essere ancora in vita perché muoveva gli occhi, ma era molto malridotta». I tre, primi testimoni del fatto, erano ancora sul posto, in attesa dei soccorsi, quando l’anziano padre è arrivato, anzi è tornato: «per ben due volte si è avvicinato al corpo rimanendo in piedi e chiedendo con estrema calma se stesse arrivando l’ambulanza e chiedendosi chi potesse essere stato ad investire quella donna». Poi avrebbe ammesso lui stesso di aver litigato con la figlia, «un litigio non violento» lo avrebbe definito, per poi «avvicinarsi ancora al corpo steso in terra con atteggiamento freddo e distaccato», ipotizzando che «la figlia si era aggrappata alla parte posteriore del veicolo».

Anche quando sono arrivati i militari, l’atteggiamento dell’anziano si sarebbe continuato a mostrare «indifferente» e avrebbe anche tentato di fuggire dopo essere risalito a bordo della macchina. Bloccato e portato in caserma e poi in carcere, dovrà ora difendersi dall’accusa di omicidio volontario aggravato, rischiando una condanna all’ergastolo.

Nell’udienza preliminare nessuno dei familiari si è costituito parte civile. Nei suoi confronti sono in corso altri due procedimenti penali per maltrattamenti nei confronti della moglie e della stessa figlia che poi ha ucciso. La figlia in uno di questi processi aveva anche testimoniato, raccontando che «nella mia famiglia, da che io ricordi, mio padre è sempre stato un uomo violento». Quando parlava del padre, Mariangela descriveva i «47 anni di prevaricazioni e vessazioni» subite dalla mamma da parte di un uomo che «quando viene contraddetto inizia a scaraventare oggetti, prendere a pugni le porte». La ragazza raccontava anche di aver visto il padre «afferrare per i polsi mia madre, altre volte ho visto mia madre con i lividi sulle braccia e sulle ginocchia».

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