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Bari, sconta la pena ai domiciliari, il giudice: «No al permesso per andare a votare»

 
Linda cappello

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Linda cappello

Bari, sconta la pena ai domiciliari, il giudice: «No al permesso per andare a votare»

Negata l’autorizzazione a un 23enne barese. Sul punto c’è un vuoto normativo che crea un vero e proprio paradosso giuridico

Sabato 01 Giugno 2024, 16:13

BARI - Detenuto agli arresti domiciliari chiede l’autorizzazione per andare a votare senza scorta presso il proprio seggio elettorale, ma pm e giudice sono contrari. L’istanza, presentata nei giorni scorsi nell’interesse di un 23enne barese, è stata infatti rigettata dal giudice Rosa Caramia, alla luce del parere sfavorevole del pm Giuseppe Dentamaro. Che motiva: «la legge non prevede la possibilità di allontanarsi per votare».

Sul punto c’è un vuoto normativo che crea un vero e proprio paradosso giuridico, alla luce del fatto che il diritto di voto è costituzionalmente garantito dall’art. 48 - «Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico (…) Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale». Il soggetto in questione, pur coinvolto in altre vicende giudiziarie, non è stato ritenuto socialmente pericoloso, non ha una sentenza irrevocabile di condanna e di conseguenza non gli è stata comminata alcuna pena accessoria relativa all’interdizione del diritto di voto. Il suo arresto risale al dicembre scorso, quando è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare per il possesso di un grosso quantitativo di materiale pirotecnico. Il processo prenderà il via il 12 giugno.

«Non ho parole, si tratta di una palese violazione dell’articolo 48 della carta costituzionale – dichiara l’avvocato Nicolò Nono Dachille – il mio cliente in passato ha già ricevuto tre permessi per recarsi dal dentista, e non c’è mai stato nessun problema. Non ha mai tentato di evadere. Così come non ha mai infranto le prescrizioni previste dagli arresti domiciliari».

Il codice di procedura penale non prevede impugnazioni per questo tipo di istanze: l’unica alternativa possibile è che la richiesta venga riproposta.

Il diritto di voto è garantito ai detenuti nelle strutture penitenziarie, a patto che siano residenti nello stesso comune in cui si trova la casa circondariale – secondo una circolare del Ministero dell’Interno – dove viene appositamente allestito un seggio speciale. Discorso analogo per gli elettori ricoverati in ospedale o nelle case di cura: in tal caso la legge prevede che persino che i degenti impossibilitati a recarsi al seggio interno dell’ospedale possano esprimere la loro preferenza, che in tal caso sarà raccolta in un’urna chiusa dal responsabile del seggio elettorale della struttura e il coordinatore (o il referente) di ciascuna unità operativa. Sui detenuti in regime di arresti domiciliari, però, non ci sono previsioni normative specifiche. Con la conseguenza che, paradossalmente, una persona in detenzione carceraria può essere ammessa al voto, e invece un soggetto sottoposto ai domiciliari non può farlo.

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