BARI - «C’hanno sempre il prestanome, vicino a loro non mettono niente». È la frase, pronunciata da un collaboratore di giustizia che spiega in modo plastico la strategia con cui i clan mafiosi del quartiere Japigia di Bari per decenni avrebbero accumulato ricchezze grazie ai traffici illeciti, come droga ed estorsioni, riciclandoli in attività apparentemente «pulite» intestate a prestanome. Così nel giro di qualche isolato, a due passi dal loro quartier generale in via Archimede, i vertici delle famiglie criminali Parisi e Palermiti avrebbero gestito bar, autolavaggi, un centro estetico, macellerie, un parrucchiere e una enoteca, centri scommesse.
«Gli esponenti di spicco del clan - si legge negli atti - consapevoli che la loro posizione nella costellazione criminale barese possa esporli al rischio di sequestri o confische, hanno attuato le loro strategie di radicamento economico, predisponendo schermi idonei a rendere difficoltosa l’individuazione dei loro patrimoni».
Ma l’Antimafia li ha scovati e un giudice ha messo i sigilli. Ieri gli uomini della Squadra Mobile guidati dal primo dirigente Filippo Portoghese con i colleghi del Servizio centrale operativo, del Reparto prevenzione crimine e della Polizia scientifica, hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo di 34 beni...
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