BARI - «Capisce a mmè! Amminete che l’acqùe iè vasche!» Vale tutto purchè sia in…barese. L’Archivio di Stato di Bari ha celebrato la Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali con la «Festa del Dialetto 2024» per sottolineare l’importanza del vernacolo sia come strumento di comunicazione quotidiana sia come veicolo di creazione letteraria.
Un doppio appuntamento, uno al mattino e l’altro nel pomeriggio, puntando sulla riscoperta dei luoghi che conservano e tramandano il patrimonio culturale della comunità locale, come l’Archivio di Stato, e lavorando sul dialogo intergenerazionale per tramandare ai più giovani proverbi, modi di dire e tutta quella cultura popolare di cui il dialetto è la miglior sintesi e il miglior veicolo.
Così, oltre agli interventi di autorità e organizzatori, gli alunni degli Istituti Duse, Marco Polo e Marconi-Hack di Bari hanno declamato i propri componimenti in barese. Nel pomeriggio è toccato ad attori e autori che hanno fatto della cultura barese una bandiera, tra poesie e performance di Enzo Vacca, Antonella Genga e Brando Rossi.
La giornata che esalta cultura, lingua e tradizione barese, è stata organizzata in collaborazione con la commissione Culture del Comune presieduta da Giuseppe Cascella, dalla consigliera incaricata dal sindaco Loredana Battista e dalle associazioni riunite nel progetto «oMaggio a Bari», ideato e coordinato da Vito Signorile, direttore del centro polivalente di cultura Gruppo Abeliano, con la collaborazione del direttore dell’associazione Mondo antico e tempi moderni Nicola Cutino e dell’Archivio di Stato diretto da Adriano Buzzanca.
L’Archivio, in particolare, ha promosso questa giornata per dare rilievo al ruolo fondamentale che artisti, associazioni e istituzioni hanno nella tutela dell’immenso patrimonio culturale locale, con particolare riferimento alle fonti orali dialettali e alla valorizzazione del dialetto in una dimensione collettiva e partecipata. Le fonti orali sono i racconti, i proverbi, i detti popolari, i miti, le leggende, le storie, le testimonianze e tutto ciò che si trasmette a voce e che costituisce fonte primaria per le discipline umanistiche.
In questo senso, gli archivi orali sono considerati a pieno titolo beni culturali da tutelare e valorizzare per la fruizione pubblica. Nel 1988, peraltro, il Consiglio d’Europa ha definito il diritto imprescrittibile delle popolazioni ad esprimersi nelle lingue regionali o minoritarie nell’ambito della vita privata e sociale proprio perché il dialetto è testimonianza dell’identità e della storia locale, è memoria collettiva che lega i cittadini al territorio e alle radici familiari ed è un prezioso patrimonio culturale da tramandare alle generazioni future.
L’Archivio di Stato ha così posto particolare attenzione alla valorizzazione delle fonti orali, per recuperare, conservare e tramandare la cultura popolare locale e incentivare, soprattutto nei più giovani, la conoscenza e la pratica del dialetto. Un compito tutt’altro che facile vista la difficoltà di gestire la grande mole di archivi orali ma anche per la complessità del materiale da salvaguardare in quanto si tratta di documenti fragili ed effimeri per natura, che hanno bisogno di un supporto materiale che possa perpetuarne la memoria oltre che di una pratica diffusa e di un passaggio intergenerazionale della lingua dialettale. Proprio sul coinvolgimento dei più giovani punterà l’Archivio di Stato nel 2024 con una serie di visite guidate dedicate a universitari e studenti per promuovere la conoscenza dell’ingente materiale a disposizione in via Oreste 45, la consultazione dei documenti di ricerca storica, degli archivi giudiziari e di quelli del cinema.
Il prossimo appuntamento alla Cittadella della Cultura è in calendario il 22 gennaio quando si aprirà la mostra promossa in collaborazione con l’Ipsaic su Radio Bari e il Congresso di Bari dei Comitati nazionali di liberazione in occasione dell’80° anniversario. Successivamente l’Archivio celebrerà i 50 anni dell’istituzione della sua Scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica.