BARI - Per nazione di provenienza, per etnia, per gruppo di spaccio. Una piccola «enclave» soprattutto di ragazzi venuti dall’Africa, emarginati e disperati, vive nel cuore della città. Un «suk» in cui si parlano lingue diverse e dove con 5 o 10 euro compri una dose di marijuana (a volte «potenziata» con coca) e con 40 una di cocaina. Un bazar gestito da una piccola criminalità composta soprattutto da migranti del Senegal, Gambia, Guinea Bissau, Guinea, Costa d’Avorio, Sierra Leone, Ghana, Togo e Nigeria.
Non ci sono solo loro, ma ci sono soprattutto loro. Una convivenza dove gli «affari» in concorrenza spesso finiscono in risse.
L’ultimo focolaio (come tempo) si è acceso nel corso del fine settimana ed è divampato come altre volte era accaduto in Piazza Umberto. Il numero delle segnalazioni che ogni giorno giungono alle sale operative dei nuclei di pronto intervento delle forze dell’ordine è nell’ordine delle decine ogni mese. Spesso gli interventi si risolvono in un nulla di fatto: quando le Volanti arrivano sul posto, provocando il fuggi fuggi generale e a raccontare quello che è appena accaduto restano solo testimoni attoniti e spaventati.
Tutto si consuma tra il Murattiano, Libertà e Madonnella, tra kebab, negozi etnici, money transfert e lunghe ore trascorse sulle panchine e nei giardini di quella specie di quadrilatero nel cuore di Bari i cui confini sono tracciati da via Nicolai, via Argiro, Corso Cavour e via Capruzzi. Dentro ci sono la stazione centrale, Piazza Moro, Piazza Umberto e Piazza Cesare Battisti, che in certe ore del giorno e della notte diventano luoghi di ritrovo, consolazione e ricerca di lavoro, ad ogni costo. Una zona franca, che la criminalità organizzata barese ha volutamente dimenticato, lasciandola agli stranieri.
Questo è anche il quadrilatero che la sera, dopo il tramonto e la chiusura dei negozi, diventa periferia, teatro di scorrerie, bravate, aggressioni gratuite e piccole rapine da parte di bande di adolescenti (questa volta autoctoni) che calano come orde da Bari Vecchia, Libertà, San Paolo o Japigia. Una palestra per bulli in crescita.
I numeri dicono che i reati sono complessivamente in calo, anche quelli commessi dagli stranieri. Non c’è correlazione fra l'aumento degli stranieri e quello della criminalità locale. Alcuni degli studi più recenti (fermi al periodo immediatamente precedente al Covid) mostrano come a fronte di un aumento del 71,18% di stranieri in 10 anni e addirittura di un +681,69% di richiedenti asilo, il numero di reati «attribuibili» a cittadini non italiani sia cresciuto solo del 2%.