BARI - La battaglia sulle intercettazioni dei presunti voti comprati alle elezioni amministrative di Bari e Valenzano del 2019 non si ferma. E ora la Procura fa marcia indietro rispetto alle «concessioni» che aveva fatto in udienza ritenendo in parte condivisibile la tesi delle difese sulla inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche per i reati cosiddetti «sotto soglia». Le intercettazioni, secondo i pm, devono essere dichiarate utilizzabili nei confronti di tutti i partecipanti alla presunta associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale, e non soltanto dei capi e promotori.
La questione è tecnica, ma l’effetto rischia di demolire buona parte dell’impianto accusatorio. E così il pm Michele Ruggiero (che con il collega Fabio Buquicchio ha coordinato l’inchiesta) in una memoria trasmessa al Tribunale «rettifica» e «integra» la propria posizione.
L’ACCUSA
L’imputazione sulla quale si concentra la discussione è quella che ipotizza a carico di 11 persone il reato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale in occasione delle amministrative del capoluogo di maggio 2019. La vicenda ruota attorno alla elezione al Consiglio comunale di Bari di Francesca Ferri (effettivamente riuscita nella lista civica «Sport Bari» a sostegno del candidato sindaco di centrodestra Pasquale Di Rella, poi passata nella maggioranza di centrosinistra). Lei, con il compagno Filippo Dentamaro e l’imprenditore ed ex consigliere regionale Nicola Canonico, sarebbero stati i «promotori» di una «attività organizzata di selezione e reclutamento di elettori con successiva acquisizione dei loro voti in cambio di denaro». Il prezzo del voto, hanno ricostruito gli inquirenti, variava da 25 a 50 euro. Canonico «per carisma, forza economica ed esperienza politica» si legge nell’imputazione è ritenuto la figura «di vertice» del gruppo, «garante del risultato dell’illecita impresa». Ferri e Dentamaro, compagni conviventi, sarebbero stati gli «organizzatori, incaricati di curare le relazioni, soprattutto negoziali sull’illecito mercimonio dei voti, con elettori e singoli collaboratori». Altri otto imputati, ritenuti «partecipi» dell’associazione, avrebbero avuto il ruolo di «portatori di voti», cioè di «individuare, contattare e reclutare il maggior numero di elettori da cui avrebbero comprato i voti».
LE INTERCETTAZIONI
Fin dalle prime udienze del processo le difese degli imputati hanno sollevato la questione della inutilizzabilità delle intercettazioni. Nel botta e risposta tra accusa e difesa sono state poste diverse questioni: la connessione tra i reati contestati e quelli per i quali inizialmente le intercettazioni erano state disposte (per esempio con riferimento alla posizione di Canonico che non risponde di voto mafioso, a differenza di Ferri e Dentamaro con riferimento alle elezioni di Valenzano); la utilizzabilità delle conversazioni intercettate per gli imputati che rispondono di un reato sotto soglia, cioè i «portatori di voti».
I pm insistono perché il Tribunale riconosca la «legittima e piena utilizzabilità delle captazioni non solo nei confronti dei capi e promotori, ma anche dei meri partecipi del sodalizio criminoso». Questo il ragionamento della Procura: le intercettazioni vengono disposte a carico tutti coloro che si ritiene facciano parte dell’associazione per delinquere, indipendentemente dalla suddivisione dei ruoli che in fase di indagine ancora non si conosce. Sono anzi proprio le intercettazioni a consentire di «indagare sul gruppo criminoso e sulle sue modalità operative, ergo - spiegano i pm - sui ruoli svolti da ciascuno dei partecipi». Di conseguenza quelle intercettazioni, se eseguite legittimamente, devono poi essere sempre pienamente utilizzabili nei confronti di tutti, sia verso coloro che risulteranno i promotori sia verso i partecipi.