«Come si possono negare le libertà fondamentali dell’essere umano?», si chiede Beppino Englaro, padre di Eluana, scomparsa il 9 febbraio del 2009 dopo 17 anni in stato vegetativo. Englaro sarà ospite stasera, a Bitonto, della quarta edizione del festival «Il diritto in Piazza». Dedicare una manifestazione culturale alla libertà è un atto molto coraggioso, un grido contro ogni forma di privazione che, per tre giorni, si diffonderà forte per le strade della cittadina. Promosso dal Centro Studi «Sapere aude», il Festival intende informare i cittadini attraverso incontri e dibattiti con giuristi, politici, personaggi della società civile e del mondo della cultura e dello spettacolo.
Si comincia oggi alle 17 nel teatro «Traetta»: attesi, fra gli altri, Marcello Gemmato, sottosegretario alla Salute, Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, la presidente del Consiglio regionale della Puglia, Loredana Capone, il sindaco di Bari, Antonio Decaro, e Francesco Paolo Ricci, sindaco di Bitonto. A seguire, l’incontro – moderato dal caporedattore del TGR Puglia, Giancarlo Fiume - con il costituzionalista Michele Ainis, Englaro e mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano allo Jonio e vicepresidente per l’Italia meridionale della Cei. Sabato 8, alle 10, ci si sposta in piazza Moro per il dibattito «Libertà e disagio giovanile», con Piero Rossi, garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà – Puglia, Ignazio Abbadessa, pubblico ministero della Procura della Repubblica del Tribunale di Bari, e Francesco Bellino, professore ordinario di filosofia morale, etica della comunicazione e bioetica dell’Università Lum. Nelle vesti di moderatore, Salvatore D’Aluiso, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Bari.
Alle 17, al «Traetta», la giornalista della «Gazzetta», Carmela Formicola, modera un incontro sulle libertà negate alle donne con Farian Sabahi, ricercatrice in Storia all’Università dell’Insubria, il vescovo di Bari-Bitonto, mons. Giuseppe Satriano, e la consigliera regionale Debora Ciliento. La libertà espressa attraverso le coreografie a cura di Elisa Barucchieri e della compagnia ResExtensa, nello spettacolo «Il silenzio dei diritti negati», che andrà in scena alle 20,30. La domenica sarà scandita da più appuntamenti: alle 10, al Torrione Angioino, si parlerà di libertà negate nello sport nel campo della disabilità, mentre alle 18, al «Traetta», dibattito sul diritto alla famiglia con Nichi Vendola, don Angelo Cassano, referente di Libera Puglia, il magistrato Emanuele Pinto e il professor Vincenzo Muscatiello. Previsto il saluto del viceministro alla giustizia, Francesco Paolo Sisto. Conclusione affidata alla musica e alla poesia, alle 20,30, con «E sognò la libertà».
Beppino Englaro ha sempre nel cuore gli occhi scuri della figlia Eluana, vittima di un tremendo incidente d’auto il 18 gennaio del ’92, che l’indusse in uno stato di coma irreversibile. Dunque la decisione della famiglia di sospendere l’alimentazione artificiale, assecondata al termine di un lungo dibattito che, nel 2017, ha prodotto la legge 219 sul biotestamento.
Basta una legge per cambiare la cultura di uno Stato?
«Io ho incontrato enorme resistenza a causa della situazione culturale del Paese, ma abbiamo portato avanti la nostra battaglia fino a ché il parlamento non ha legiferato in merito all’autodeterminazione terapeutica».
Secondo molti le disposizioni sul fine vita vanno a ledere il concetto stesso di vita.
«Il rispetto per le convinzioni altrui non può prescindere dal rispetto che gli altri devono alle nostre. Abbiamo incontrato il deserto, una società impreparata che pretendeva di negare un diritto, una libertà fondamentale. Eluana, che era una ragazza molto intelligente e sensibile, aveva più volte detto esplicitamente che mai avrebbe voluto ritrovarsi nella condizione in cui, poi, l’incidente la ridusse. Sospendere l’alimentazione artificiale è significato assecondare la sua volontà. Si è voluto complicare all’inverosimile una vicenda molto semplice e cristallina».
Che persona era Eluana?
«Era radiosa, lo splendore della vita, con le idee chiarissime già da bambina. Basta leggere una lettera scritta poco prima dell’incidente, che abbiamo ritrovato solo dopo 15 anni, da cui si evince il suo carattere maturo, consapevole. Era una “purosangue” cresciuta con nostri valori, su tutti, il rispetto per gli altri».
Cosa ricorda in particolare di lei?
«Il suo sorriso. Quando sorrideva, ti faceva aprire il cuore».