BARI - La sentenza con cui nel 2012 la Cedu condannò l’Italia a risarcire con 49 milioni di euro i costruttori di Punta Perotti ha fatto storia riportando nei tribunali italiani la vicenda dell’ecomostro abbattuto nel 2006. A 11 anni di distanza è arrivata una seconda sentenza con cui la Grande camera della Corte europea dei diritti dell’uomo ha nuovamente condannato lo Stato per Punta Perotti, stavolta per cifre decisamente più basse ma con un inciso che potrebbe riaprire (anche) le polemiche: «Non è provato», hanno scritto i giudici, che quei suoli illegittimamente confiscati fossero effettivamente edificabili ai tempi della fallita lottizzazione sul lungomare di Bari.
La sentenza (depositata il 13 luglio e non ancora tradotta in italiano) riguarda la Giem, una società della famiglia Andidero proprietaria di alcune particelle che - pur non partecipando alla lottizzazione - subì la confisca delle proprie aree. Sul punto la Cedu si era già espressa nel 2018, stabilendo (come aveva fatto nel 2012 su ricorso dei costruttori Sud Fondi, Mabar e Iema) che la confisca ai danni di Giem era «abnorme» e invitando le parti (cioè lo Stato) a trovare un accordo con le società baresi e con altri tre soggetti incappati negli anni in situazioni simili in altre parti d’Italia (Golfo Aranci e Fiumarella di Pellaro)...
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