BARI - Il sogno della serie A ed il presente che si incrocia indissolubilmente con il futuro. La squadra biancorossa spinge per raggiungere un risultato clamoroso, ma i regolamenti sono noti: se il sogno fosse coronato, scatterebbe una corsa contro il tempo per risolvere la questione societaria.
La presenza di due club appartenenti allo stesso proprietario (la Filmauro della famiglia De Laurentiis) nella medesima categoria non è ammessa: l’11 giugno, con la finale di ritorno, arriverà il verdetto sull’ultima promozione nel massimo campionato, il 30 calerà il sipario sulla stagione 2022-23 ed in teoria da quel frangente scatterebbero i trenta giorni di tempo per cedere Bari o Napoli: se la dimissione di una delle due società non fosse completata in tale termine perentorio, perderebbe l’affiliazione alla Figc il sodalizio che l’ha ottenuta per secondo, ovvero i Galletti, rientrati in orbita federale nel 2018.
MEDIORIENTE, STATI UNITI E LA PUGLIA…
La situazione è ben nota al mondo dell’imprenditoria che intende investire sullo sport. Il Bari interessa eccome, a molteplici latitudini. Oltre i risultati sportivi sotto gli occhi di tutti, il maggiore merito della gestione De Laurentiis è aver costruito un club snello nella sua struttura e soprattutto privo di esposizioni debitorie. Chi rileva la società biancorossa, in pratica, si ritrova un bene sano, con un ristretto novero di dipendenti, asset avviati, uno stadio in concessione completamente rimesso a nuovo: una realtà sulla quale si può costruire a piacimento senza dover coprire perdite pregresse. Il problema, nella fattispecie del momento, è procedere ad una cessione in tempo utile. La soluzione, tuttavia, sembrerebbe ad un passo. I fondi di investimento, come ormai è evidente, rappresentano una prospettiva concreta per il calcio: ebbene, il Bari è finito nel mirino di una realtà mediorientale, nonchè di una statunitense.
Il dialogo con un fondo di origine araba, però, è...