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Gianluca Gotto a Bari, tra buddismo e nomadismo digitale: «Serve il tempo per riflettere»

Gianluca Gotto a Bari, tra buddismo e nomadismo digitale: «Serve il tempo per riflettere»

 
Bianca Chiriatti

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Bianca Chiriatti

Gianluca Gotto a Bari, tra buddismo e nomadismo digitale: «Serve il tempo per riflettere»

Appuntamento con l'autore domani, mercoledì 22 marzo, alla libreria Feltrinelli

Martedì 21 Marzo 2023, 11:55

26 Marzo 2023, 16:26

Un viaggio dentro se stessi per trovare la serenità. Così può essere descritto l’intento del libro Profondo come il mare, leggero come il cielo, quinta fatica letteraria di Gianluca Gotto, 33 anni, originario di Torino ma nomade digitale, che lavora e scrive girando per il mondo, con un’inclinazione particolare per l’Oriente. Gotto sarà a Bari domani alle 18, alla libreria Feltrinelli di via Melo, per presentare il volume, tra i più venduti in Italia nelle ultime settimane.

Che feedback sta ricevendo dai lettori?

«Differente rispetto ai precedenti. La mia scrittura semplice cerca di comunicare concetti complessi che spesso si fa fatica a identificare. È un libro che costringe a fermarsi e a riflettere. Il buddismo mi ha aiutato nel percorso per uscire dalla depressione, è stata una terapia, e ho voglia di condividere tutto ciò con più persone possibili. Proprio il buddismo, infatti, insegna a costruire una serenità che non può essere scalfita dall’esterno».

Come è stato il primo incontro con il buddismo?

«Inizialmente nella mia interpretazione è stato casuale. Da anni vivevo e viaggiavo in Asia, ma non mi consideravo una persona religiosa, volevo solo costruirmi una vita felice. Poi ho contratto la dengue, sono stato male, e durante il ricovero ho capito avevo conquistato il paradiso intorno a me, ma dentro avevo l’inferno. Una mattina a Bangkok incontrai un monaco che spazzava la soglia del tempio, e il suo sorriso mi illuminò. Da lì ho capito che il buddismo non è una religione, apre una strada che noi occidentali non consideriamo: la felicità non sta nel conquistare cose che non abbiamo, ma vive dentro di noi, e si raggiunge eliminando strati di illusioni».

Che pregiudizi ha incontrato nel portare questo stile di vita in Occidente?

«Sicuramente di tipo religioso: il nostro mondo è fortemente cattolico e molti vedono il buddismo come minaccia alla loro fede. Non è così, perché non si parla mai di Dio, è nostra concezione in cui si parla di un nirvana elevato rispetto al mondo. Un altro pregiudizio riguarda il fatto che è visto come troppo lontano dalla nostra cultura. Invece i consigli del Buddha sono molto pratici, in linea con filosofie antiche come lo stoicismo».

Oggi si parla di salute mentale anche sui social: secondo lei, che ha a cuore il benessere dei suoi lettori, in che direzione stiamo andando?

«È un bene che se ne parli: io stesso cerco di essere onesto per far capire alle persone che nella depressione o nell’ansia non sono da sole. Bisogna però evitare la sovraesposizione del termine: io ne parlo dal punto di vista spirituale, vedo troppa gente non qualificata che lo affronta sul piano clinico. E non mi piace la deriva, che arriva dagli Stati Uniti, di ricorrere subito alla soluzione, alla prescrizione selvaggia di psicofarmaci senza andare alla fonte. Così il problema viene solo accentuato».

Com’è cambiata la sua vita ora che, da appena 6 mesi, è diventato papà?

«Solo in positivo. Ora che c’è anche la mia bimba, viaggio nei luoghi dove sono già stato e mi sembra la prima volta. Vedo il mondo attraverso i suoi occhi».

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