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Bari, l'ombra della mafia sulle elezioni: indagini chiuse sul presunto voto di scambio

 
Isabella Maselli

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Isabella Maselli

Francesca Ferri

Francesca Ferri e il compagno Filippo Dentamaro sono in carcere dal 26 ottobre

Giovedì 05 Gennaio 2023, 12:53

BARI - A Francesca Ferri e al suo compagno Filippo Dentamaro l’avviso di conclusione delle indagini preliminari è stato notificato in cella, dove i due si trovano detenuti dal 26 ottobre scorso. Le accuse sono le stesse che poco più di due mesi fa li hanno portati in carcere: associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale e scambio elettorale politico mafioso. L’inchiesta è chiusa e forse adesso qualcun altro parlerà (Ferri ha scelto fino ad oggi di non sottoporsi a interrogatorio): 47 gli indagati, 18 ancora detenuti, con qualche posizione stralciata per archiviazione, come quella del commercialista Rocco Bellomo, ma qualche nome nuovo inserito in elenco.

L’indagine della Dda, coordinata dai pm Fabio Buquicchio e Michele Ruggiero, delegata a carabinieri, guardia di finanza, digos e squadra mobile della polizia, si è articolata in due diversi filoni: quello criminale che ruota attorno al gruppo mafioso capeggiato a Valenzano dal boss Salvatore Buscemi, affiliato al clan Parisi di Japigia (con i delitti tipici della criminalità organizzata, traffico di droga, usura, estorsioni e riciclaggio) e quello sul voto di scambio nelle elezioni comunali di Bari del maggio 2019 e in quelle di Valenzano nel novembre dello stesso anno.

Per le elezioni di Bari il ruolo di «garante» del presunto sistema di voto di scambio sarebbe stato affidato all’ex consigliere regionale, imprenditore e attuale presidente del Foggia Calcio, Nicola Canonico (agli arresti domiciliari fino al 19 novembre), che avrebbe ospitato a casa sua persino i summit pre-elettorali per pianificare le strategie con la quale assicurare l’elezione, poi effettivamente riuscita, di Francesca Ferri (ex consigliera comunale in carica fino all’arresto, eletta con la lista civica «Sport Bari» a sostegno del candidato di centrodestra e poi passata in maggioranza). Con la complicità del compagno della donna, l’imprenditore Dentamaro, i tre avrebbero organizzato la selezione e il reclutamento di elettori per la successiva acquisizione dei rispettivi voti, pagati dai 25 ai 50 euro, anche se Canonico ha spiegato che quel denaro, di cui si parla largamente nelle intercettazioni, serviva per retribuire i rappresentanti di lista nei seggi. Invece secondo l’accusa i tre avrebbero coinvolto sette «portatori di voti», cioè reclutatori di elettori, tutti indagati, incaricati di individuare e contattare il maggiore numero possibile di persone disposte a vendere il proprio voto.

La mafia si sarebbe poi affacciata nelle successive elezioni di Valenzano, Comune già precedentemente sciolto per condizionamenti mafiosi. La coppia Ferri-Dentamaro, che adesso si trova in carceri diverse, a Lecce e Melfi (nelle prime settimane erano entrambi a Foggia) si sarebbe adoperata per pilotare l’esito delle amministrative di novembre 2019, procurando a candidati amici i «voti della malavita» (Canonico è estraneo all’ipotesi del voto di scambio mafioso). Il clan del boss Buscemi avrebbe ottenuto in cambio la promessa di vantaggi vari, tra i quali la modifica del piano regolatore comunale per rendere edificabili terreni di sua proprietà. Il boss e Dentamaro avrebbero raggiunto un accordo: un pacchetto di voti in cambio di favori al gruppo criminale. Tra l’altro tra i due, hanno documentato le indagini, ci sarebbe stato un «lungo rapporto di prestito a usura», si legge negli atti, che in qualche modo avrebbe tenuto l’imprenditore sotto il ricatto del clan.

Rispetto alle imputazioni formulate al momento degli arresti, i pm hanno stralciato due posizioni, quella di Bellomo, che era accusato di «riciclare il denaro» del boss Buscemi (la sua posizione potrebbe essere archiviata); e quella di Davide Costantino, ritenuto il referente del clan a Ginosa per la gestione dello spaccio. Ci sono però due nuovi nomi: Pasquale Mangino, con il ruolo di custode delle armi e della droga per conto del clan fino allaisione di collaborare con la giustizia; e quello di Giovanni Giancotti, pregiudicato 45enne di Capurso, accusato di minacce mafiose e lesioni pluriaggravate. La vicenda contestata, per la prima volta inserita in questi atti, risale al 25 marzo 2021. Giancotti, incurante delle norme Covid che all’epoca - con la Puglia in «zona rossa» - vietavano la somministrazione di cibi e bevande all’interno delle attività di ristorazione, avrebbe minacciato due coniugi gestori di una pizzeria che si erano rifiutati di consegnargli birre e poi avrebbe picchiato il marito con un pugno alla nuca.

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