Sabato 06 Settembre 2025 | 12:53

Don Nicola Bux: «Ratzinger è stato un grande pensatore fra tradizione e innovazione»

 
Marisa Ingrosso

Reporter:

Marisa Ingrosso

Don Nicola Bux: «Ratzinger è stato un grande pensatore fra tradizione e innovazione»

«Lo conobbi negli anni '70 e nacque un sodalizio»

Martedì 03 Gennaio 2023, 13:23

Un «grande pensatore» e un uomo connesso con il “battito” del Secolo breve che fu assieme progresso e reazione, una persona gentilissima, delicata, ma che «non si sottraeva» e che, pur lontanissimo da ogni spettacolarizzazione, affrontò stoicamente anche il maxi-palco che gli fecero trovare a Bari, nel 2005, per la sua prima uscita pubblica fuori dalle mura di Roma. È un Papa Emerito riposto e profondo quello che emerge dal racconto del barese don Nicola Bux.

Sacerdote, teologo, già cattedratico di liturgia orientale, lui che per lustri è stato collaboratore di Joseph Ratzinger, inizialmente vorrebbe ritrarsi dall’intervenire pubblicamente in questi giorni di frastuono mediatico e anche per formazione, per carattere, per una cifra di stile e perché - come dice lui - «per dare un giudizio di natura storica e non di cronaca su papa Benedetto XVI, dovrebbero passare almeno 100 anni». L’intervista con La Gazzetta, dunque, potrebbe spegnersi qui, in attesa del 2123. Ma poi, quando ricordiamo a don Bux che anche le sue parole saranno tra i frammenti di verità su cui tra 100 anni si fonderà la valutazione compiuta e d’insieme che oggi auspica, allora accetta di mettere al servizio dei lettori i suoi occhi, la testimonianza di chi ha conosciuto davvero l’uomo che ha cambiato la Storia della Chiesa. «La sua figura - spiega - è una figura contraddittoria. Lo dico in termini evangelici, giacché la più grande figura contraddittoria è Gesù Cristo che entra in contraddizione in quanto la sua persona, la sua opera e le sue parole sono suscettibili di portare l’uomo alla salvezza o alla rovina. Ora è chiaro che un essere umano non lo possiamo paragonare ma un Papa, se ha esercitato davvero questa missione, non può esimersi da questa contraddittorietà. Nel caso particolare di papa Ratzinger, lui ha attraversato un secolo, il Secolo Breve, facendo una parabola che da un posizione più chiamiamola “aperta” lo ha portato a una più “chiusa”. Tant’è che c’è chi lo ha etichettato come tradizionalista, ma dimenticando che il tempo che lui ha attraversato induceva a passare da una iniziale posizione progressista-riformista a una che è stata definita poi come conservatrice-tradizionalista. Questo è tipico di un essere dal pensiero mobile. Ricordiamo che lui nella Chiesa entra ai tempi del Concilio. Uno ansioso di riforma... aggiornamento ecco, questa era la sua parola chiave. E però dopo, col passar del tempo, prendiamo, nel 1985, il famoso Rapporto sulla fede («Rapporto sulla fede. Vittorio Messori a colloquio con Joseph Ratzinger», scritto da Benedetto XVI e Vittorio Messori e pubblicato da San Paolo Edizioni; ndr), dove lui inesorabilmente dà un giudizio tremendo sulla situazione della Chiesa. Già allora lui è stato una sorta di precursore perché a quell’epoca forse nessuno se ne accorgeva. Io pure quando lessi quel libro aprii gli occhi e, via via, siamo arrivati ai nostri tempi con la Chiesa che ha perso fedeli e preti ed è in una crisi terribile e lui l’aveva già previsto».

«Dobbiamo quindi affrontare questa apparente contraddizione e, naturalmente con tutti i limiti e le debolezze umane, valutare - continua don Bux - che la statura sua fa venire alla mente una frase di Paul Ricœur: “la filosofia serve a far pensare”. Ecco, lui è stato un grande pensatore e ha saputo affrontare tutti i pensieri sia religiosi sia no e ha saputo confrontarsi con le più disparate personalità internazionali».

Tensione evolutiva e nerbo dell’uomo Ratzinger emergono nitidi quando don Bux racconta di quando il futuro Pontefice presentò il libro del pugliese, Il quinto sigillo («Il quinto sigillo. L’unità dei cristiani verso il terzo millennio», Libreria Editrice Vaticana, 1997). «Non dimenticherò mai la capacità che ha avuto di scandalizzare. Io scrivevo che lo “statuto” del Cristianesimo del mondo è essere perseguitato. Quando i cristiani sono perseguitati sono cristiani, quando sono applauditi c’è qualcosa che non va. E lui (che poi citerà il mio libro nella bibliografia della sua opera omnia), l’aveva capito perfettamente. Così dicevo quella volta, era il 1997, ci fu addirittura un dispaccio Ansa che mise in evidenza una sua denuncia, in quella occasione, circa gruppi di Chiese protestanti dell’America Latina che finanziavano la guerriglia laggiù».

Bux conobbe Ratzinger «alla fine degli anni 70-inizi anni 80. Quando lui era diventato Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Ed è nato un sodalizio che si è sviluppato attraverso una serie di contatti, collaborazioni». Un’amicizia? «Amici? Nel senso di un confronto costante sulla verità, amico vero, amico con cui riesci a confrontarti su ciò che è vero... beh sì il fatto che lui poi mi abbia chiesto di collaborare a dei Sinodi e a dei dossier vuol dire che certa fiducia, mi auguro, spero, di averla avuta... Del resto, c’era una collaborazione già prima che fosse Papa».

Eletto successore di Pietro il 19 aprile 2005, il 29 maggio Benedetto XVI era a Bari per la chiusura della Congresso Eucaristico nazionale. Don Bux ricorda che il Pontefice non era emozionato: «No lui non è un tipo molto esposto alle emozioni, ha una certa padronanza razionale delle cose, riesce a… - don Bux che usava il tempo presente per parlare di Ratzinger si corregge - riusciva a dissimulare eventuali… Il punto è che si trovò in un contesto di una sorta di kermesse, con un grande palco attrezzato che qualcuno assimilò al palco di una convention di partito, con fantasmagorie varie che poco avevano a che fare con la sua, e mia, visione del culto a Dio, che non tollera la spettacolarizzazione. Non è immaginabile un culto divino trasformato in spettacolo e siccome tutto oggi è spettacolo, anche la messa lo è diventata. Questo, però, anziché farci guadagnare fedeli ce li ha fatti perdere. In proposito, ricordo che lui aveva anche tentato di porre un rimedio limitando queste riduzioni, ma non ce l’ha fatta». Secondo don Bux «l’ultimo tratto della sua vita, gli ultimi 10 anni meriterebbero una riflessione a parte perché, come dire, resta misterioso ancora il vero motivo della rinuncia. Tutti sanno quello che ha dichiarato e indubitabilmente non si può pensare che non sia così però verrà il momento in cui si capirà di più di quella rinuncia. Di certo, con la sua morte, è finita una situazione intollerabile e speriamo non se ne crei un’altra. Perché la storia dei due Papi non ha fatto bene a molti. A partire dalla Chiesa».

«Io - afferma il teologo barese - l’ho incontrato un anno dopo la rinuncia e conosco varie cose e ho anche appunti miei a lui e suoi a me che spero di pubblicare». Qual è il lascito del Papa Emerito? «Secondo me - conclude don Bux - il lasciato è in un discorso che fece sotto Natale nel 2005, all’inizio del suo servizio quando disse, riferendosi al Concilio Vaticano II, che non si po’ fare una vera riforma, un rinnovamento, rompendo con la tradizione, ma bisogna farlo in continuità. Il suo lascito è questo rapporto equilibrato tra tradizione e innovazione. In questo senso va letto anche uno dei suoi gesti più clamorosi, cioè l’aver riabilitato la liturgia tradizionale».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)