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«Dire no alla mafia fin da bambini», l'iniziativa a Bari

 
Isabella Maselli

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Isabella Maselli

«Dire no alla mafia fin da bambini», l'iniziativa a Bari

Il procuratore Roberto Rossi in un'iniziativa con gli studenti del quartiere Catino

Mercoledì 26 Ottobre 2022, 11:39

«Abbiate il coraggio di dire no alle logiche di violenza e sopraffazione, che sono le stesse del branco che insulta il compagno di scuola o usa violenza anche verbale, che a volte è peggio di quella fisica, cominciando dalle piccole cose. Anche questo è dire no alla mafia». Il procuratore Roberto Rossi ha incontrato ieri gli studenti di alcune classi del plesso «Falcone Vacca» di Catino dell’istituto comprensivo «Aristide Gabelli», nell’ambito dell’incontro dal titolo «Giovani e legalità: un’occasione di confronto», promosso dall’associazione «Giovanni Falcone» di Catino con gli studenti del territorio. All’iniziativa hanno partecipato anche l’assessore comunale alle Politiche educative e giovanili Paola Romano, il presidente dell’associazione che ha promosso l’evento Corrado Berardi, il presidente dell’associazione Gens Nova Antonio La Scala.

«Giovanni Falcone - ha ricordato il procuratore Rossi ai ragazzi - ha saputo dire no, ha cambiato questo paese, pagando con la vita. Anche voi potete e dovete avere questo coraggio di cambiamento».

Per parlare agli studenti il procuratore ha lasciato la postazione istituzionale dietro il tavolo allestito per l’occasione e si è avvicinato alla platea di studenti per dialogare in mezzo a loro, raccontando aneddoti della sua esperienza professionale.

Ha ricordato, per esempio, la storia di quando, da giovane pm Antimafia, ascoltò nell’ambito di una indagine un collaboratore di giustizia, «un ragazzo, poco più grande di voi, aveva 20 anni». Quel ragazzo «aveva sparato a una persona, era accusato di omicidio, ma la sua storia era iniziata molti anni prima, alla vostra età» ha continuato, rivolgendosi ai 12enni di fronte a lui. «Quel ragazzino faceva il bullo e il capo clan nella scuola, scegliendo la strada della violenza. E gli altri, per timore di essere esclusi dal branco, avevano aderito a quella violenza. Quindi cominciò con piccoli furti, qualche canna agli amici per guadagnare qualcosa. Poi fu inserito in un clan, diventò uno spacciatore e un killer».

Questo racconto è stato utilizzato dal procuratore per spiegare ai ragazzi che il rispetto delle regole parte dalle piccole cose. «Bisogna iniziare a porre l’attenzione anche sulle cose che riteniamo irrilevanti - ha aggiunto Rossi - , la piccola violenza, l’utilizzo dei social contro, non riflettere su di sé, così si crea una cultura di tipo mafioso. Ecco a cosa serve rispettare le regole, anche stare seduti qui ad ascoltare è un atto contro la mafia».

«Quella mafiosa - ha rimarcato il procuratore - è una cultura illusoria. Chiunque fa quella strada, la strada della criminalità, finisce o in carcere per lunghi periodi oppure muore».

«Le istituzioni sono al vostro fianco - ha detto l’assessore romano - ma anche voi avete la responsabilità di non voltare la testa. Non siete esenti dalle leggi, dovete sapere cosa è giusto e cosa non lo è».

Il dibattito ha stimolato anche le domande degli alunni, soprattutto sui comportamenti scorretti ai quali loro sono più frequentemente esposti e sulle regole che fin dai banchi sono chiamati a rispettare, come l’uso del cellulare in classe.

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