BARI - Imprese a rischio default ed è sempre più vicino lo spettro dell’usura. Sono 2.864 le piccole imprese baresi (il 2 per cento del totale) che si trovano in sofferenza e potenzialmente esposte al rischio usura . Messe a dura prova dalla pandemia, tartassate dai rincari delle materie prime, in ginocchio a causa del caro bollette sono state lentamente ma inesorabilmente risucchiare dalle sabbie mobili dell’insolvenza. Si tratta di società non finanziarie e famiglie produttrici, prevalentemente imprese artigiane, attività commerciali o piccoli imprenditori spinti giù lungo il piano inclinato della crisi e non più in grado di far fronte ai propri impegni e obbligazioni. Non possono più pagare regolarmente, cioè con mezzi normali, i propri debiti e sono state risucchiate in un vortice che prevede la segnalazione da parte degli intermediari finanziari (banche, assicurazioni, società finanziarie, società di leasing e di factoring , fondi comuni) alla Centrale dei Rischi della Banca d'Italia.
Schedate come insolventi non possono più accedere ad alcun prestito erogato dal canale finanziario legale. L’equivalente della morte civile. Sull’orlo del fallimento, in molti casi isolate e messe alla gogna, oramai con l’acqua alla gola, vedono avvicinarsi pericolosamente il momento della chiusura. Una condizione drammatica che le espone al rischio usura. Secondo un’indagine dell’ufficio studi dell’Associazione artigiani e piccole imprese Mestre Cgia, datata settembre 2022, le imprese baresi vicine al default che rischiano di essere risucchiate dal giro degli strozzini, come già detto, sono 2.864. Tutte insieme danno lavoro a quasi 10mila addetti.
A livello provinciale il numero più elevato di imprese segnalate come insolventi si concentra nelle grandi aree metropolitane e Bari si trova nella «top ten» delle province con il più alto numero di soggetti insolventi a rischio usura. Il capoluogo pugliese occupa il settimo posto. A livello provinciale il numero più elevato di imprese segnalate si trovano a Roma, Milano e Napoli. Lecce è al 15mo posto con 1.991 casi, Foggia al 30mo con 1.369, Taranto è 44ma con 1.095, la provincia Barletta-Andria-Trani al 63mo posto 871 segnalazioni e infine Brindisi al 74 posto con 779.
Nel mese di aprile del 2021, Bari era al nono posto di questa tristissima graduatoria con un numero di soggetti a rischio ancora maggiore ossia 3.232, pari all’1,8 per cento del totale. Gli imprenditori che finiscono nella black list della Banca d’Italia, non sempre devono la loro caduta a una cattiva gestione finanziaria. Nella maggioranza dei casi, infatti, a mandarli in crisi è l’impossibilità di riscuotere i pagamenti dei committenti oppure l’effetto collaterale di un fallimento che riguarda i creditori. «Le difficoltà economiche emerse in questi ultimi mesi - spiegano gli analisti della Cgia - stanno colpendo soprattutto le imprese più piccole. Gli intermediari finanziari scelgono in molti casi non rischiare nell’aiutare chi si trova a rischio default e non ha garanzie. Una strategia che rischia di spingere involontariamente molti imprenditori verso le organizzazioni malavitose che, soprattutto nei momenti difficili, hanno invece la necessità di reinvestire i denari provenienti da attività criminali nell’economia lecita».
Dal lockdown al caro bollette, la lunga crisi non sta trasformando solo l’economia legale, ma pure quella illegale. Come l’usura, che da fenomeno legato alle marginalità sociali sta diventando un mercato strategico per la criminalità. Boss e clan locali che usano racket e denaro a strozzo per controllare il territorio e infiltrarsi nell’economia sana.
Sebbene con le sole denunce presentate all’autorità giudiziaria non sia possibile dimensionare con precisione il fenomeno dello strozzinaggio, con la crisi gli usurai sono tornati a fare affari. La conferma viene dal cosiddetto «indice di criminalità» che prende in considerazione 18 tipologie di crimini, fotografa le denunce registrate relative al totale dei delitti commessi sul territorio nell’anno precedente utilizzando le informazioni estratte dal database interforze dal dipartimento di Pubblica Sicurezza del ministero dell’Interno.
Nell’edizione 2022, basata quindi sui dati 2021, il reato di usura vede Bari tra le 3 città italiane più a rischio. Le denunce sono state in tutto 12, una ogni 100mila abitanti. L’anno precedente il conto si era fermato a 7. Quello ancora prima il 2019 a 4. I numeri sono piccoli ma rappresentano sola la punta di un fenomeno ancora troppo sommerso, con troppe poche denunce, troppa reticenza, troppa paura e solitudine.