«La tecnologia è la principale alleata della transizione ecologica, non possiamo e non dobbiamo assolutamente farne a meno. L’impianto di Putignano costituisce un esempio da replicare altrove appena possibile»: parole di Vania Gava, sottosegretario alla transizione ecologica in quota Lega, in visita ieri al depuratore di Putignano e in particolare alla porzione dell’impianto nella quale è operativo il sistema Sequencing Batch Biofilter Granular Reactor (Sbbgr), noto anche come «Mangiafanghi», in grado di garantire una riduzione fino a circa l’80 per cento della produzione di fanghi da depurazione.
Accompagnata dal sottosegretario alla pubblica istruzione Rossano Sasso, dalla deputata Anna Rita Tateo e dal vicepresidente del Consiglio Comunale di Bari Fabio Romito, il sottosegretario Gava è stata accolta dal presidente della Cisa Antonio Albanese, dal ricercatore Irsa-Cnr Claudio Di Iaconi, dal presidente del Dipar Lorenzo Ferrara, dal dirigente Cisa Francesco Ficarella, dagli ingegneri di Cisa Francesco Pirti ed Eleonora Palmieri e da alcuni tecnici dell’Acquedotto Pugliese. Salita sulla vasca utilizzata per il trattamento depurativo, la sottosegretaria Gava ha potuto constatare l’assenza di cattivi odori, tipici dei depuratori, e la funzionalità del sistema.
Uno dei problemi rilevanti per l’ambiente è costituito dalla produzione di fanghi ed acque reflue. Gli impianti tradizionali utilizzati per trattare le acque sono connotati principalmente da due aspetti: elevato ingombro superficiale e notevole produzione di fango di scarto, il cui smaltimento risulta sempre più problematico. A differenza dei metodi tradizionali, con il «Mangia fanghi» il trattamento depurativo è realizzato in un’unica vasca, divisa da un setto centrale e riempita per metà da un biofiltro. Utilizzando una sofisticata e inedita metodica di intervento, un unico bacino è in grado di sostituire l’intera linea acque del depuratore (la sedimentazione primaria e quella secondaria non sono più richieste) e parte della linea fanghi (il bassissimo quantitativo di fango prodotto risulta già stabilizzato). Il biofiltro costituisce il cuore dell’impianto in quanto è capace di attivare ed ospitare i microorganismi deputati alla degradazione del refluo. Il risultato finale è un’elevata efficacia di depurazione con una minima produzione di fango oltre che un ingombro volumetrico ridotto. «Il processo infatti è in grado di ridurre quasi dell’80 per cento la produzione di fango rispetto alla filiera di trattamento tradizionale» ha spiegato il presidente Albanese, con enormi vantaggi sullo smaltimento e sul recupero dell’acqua, risorsa sempre più importante con i cambiamenti climatici.
«Avevo programmato da tempo una visita all’impianto di Putignano - ha detto alla Gazzetta il sottosegretario Gava - perché volevo verificare di persona la bontà di un progetto che vede insieme pubblico e privato e che ha una performance di assoluto livello. Questo depuratore è a ridosso del centro abitato ma non ha emissioni odorigene apprezzabili, produce fanghi in quantità ridotte, evitando così il ricorso alle discariche o ad altri rimedi per il loro smaltimento finale, e permette di puntare ad un maggiore recupero dell’acqua a fini irrigui, aspetto sul quale dobbiamo necessariamente tutti fare uno sforzo dopo una estate così calda».