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L’indagine PopBari riparte dall’operazione Malta: Jacobini jr risponde alle domande della Procura

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

L’indagine PopBari riparte dall’operazione Malta: Jacobini jr risponde alle domande della Procura

È proprio dall’operazione orchestrata dal finanziere Gianluigi Torzi che riparte l’indagine: Torzi è il finanziere molisano arrestato due anni fa per aver chiesto 30 milioni alla Santa Sede in cambio della «restituzione» del palazzo londinese di Sloane Square

Venerdì 04 Marzo 2022, 12:31

Dal Vaticano a Londra, poi giù fino a Malta. Dovevano arrivare da lì, alla vigilia del Natale 2018, i soldi per salvare la Banca Popolare di Bari. Ed è proprio dall’operazione orchestrata dal finanziere Gianluigi Torzi che riparte l’indagine della Procura di Bari. Lo fa con quello che appare, a tutti gli effetti, come un salto di qualità: per la prima volta da quando tutto è cominciato, gli inquirenti hanno ascoltato uno degli uomini chiave della vicenda, l’ex vicedirettore generale Gianluca Jacobini.

Torzi è il finanziere molisano arrestato due anni fa per aver chiesto 30 milioni alla Santa Sede in cambio della «restituzione» del palazzo londinese di Sloane Square, uno degli investimenti che sono costati il posto al cardinale Angelo Becciu. Ed è lo stesso Torzi che, tramite l’allora consigliere Vincenzo De Bustis, aveva garantito alla Popolare la «disponibilità alla sottoscrizione di titoli sino all’importo nominale di 30 milioni da parte della società Muse Services Ltd., con sede in Malta». Quei 30 milioni sarebbero serviti a rimettere a posto i conti della banca.

Il problema è che la Muse ha appena 1.200 euro di capitale sociale. E soprattutto che in parallelo la Popolare si era impegnata a sottoscrivere un investimento di 51 milioni nel fondo lussemburghese Naxos. Senza farla troppo lunga, i soldi da Malta non arrivano anche perché emerge il profilo problematico di Torzi (già all’epoca sotto indagine per altre questioni, e ora implicato a Milano in una presunta truffa da un miliardo sulla cartolarizzazione di crediti sanitari), ma quelli «promessi» al Lussemburgo vengono anticipati dalla banca Caceis, tesoriera del fondo Naxos, e vengono investiti in titoli riconducibili sempre a Torzi. Per il Nucleo Valutario della Finanza si tratta di una «operazione circolare». Fatto sta che a marzo 2020 un Tribunale di Lussemburgo ha condannato la Popolare a pagare quei 51 milioni al fondo Naxos: sul punto si attende la sentenza d’appello.

Jacobini è stato sentito la scorsa settimana in Procura dai pm Federico Perrone Capano e Luisiana Di Vittorio. È la prima volta che il 43enne manager risponde alle domande di chi indaga: quando è stato arrestato, il 31 gennaio 2020 (è tornato in libertà nel luglio seguente), si è avvalso della facoltà di non rispondere. Gianluca Jacobini (assistito dagli avvocati Giorgio Perroni e Mario Malcangi) ha in sostanza spiegato di non aver avuto alcun ruolo nell’operazione maltese, ma ne ha spiegato la genesi, lo svolgimento ed anche ciò che conosceva dell’epilogo, riservandosi di depositare documentazione. La Procura ritiene che la triangolazione con Torzi abbia contribuito al «crac» da due miliardi con cui è stata affondata la banca allora controllata dalla famiglia Jacobini.

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