Bari, infermieri del Di Venere su tute Covid: «DDL ZAN» contro discriminazioni di genere
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Massimiliano Scagliarini
06 Marzo 2021
I quattro morti registrati tra 2018 e 2020 nel Policlinico di Bari potevano essere evitati mettendo in atto una serie di semplici misure di bonifica anti-legionella, le stesse eseguite dopo il commissariamento del più grande ospedale pugliese. Per questo la Procura di Bari ha presentato ricorso in Cassazione contro le ordinanze del Riesame che hanno annullato l’interdizione del Dg Giovanni Migliore, dell’ex direttore sanitario Matilde Carlucci e del dirigente degli appalti, Claudio Forte: secondo il Tribunale della Libertà non esisteva alcun obbligo di applicare le linee guida anti-legionella e non c’è prova che i quattro decessi siano riconducibili al batterio.
L’accusa valorizza però la documentazione acquisita alcuni giorni fa dai Nas, secondo cui tra dicembre e l’inizio di marzo il commissario straordinario Vitangelo Dattoli, nominato in sostituzione di Migliore, ha effettuato attività di monitoraggio e interventi che hanno riportato sotto controllo la proliferazione della legionella. Tutte iniziative che - secondo il procuratore aggiunto Alessio Coccioli e il pm Grazia Errede - potevano essere messe in atto già dopo il primo decesso. Secondo il ricorso della Procura sarebbe inoltre provato (così come ritenuto dal Gip Giuseppe De Benedictis a novembre) il nesso di causalità tra la presenza di legionella nei reparti Chini e Asclepios e almeno tre dei quattro decessi. Tra il 2018 e 2020, argomenta l’accusa, sono stati 30 i casi di infezione da legionella documentati all’interno del Policlinico. Da mercoledì, dopo la notifica dell’ordinanza di annullamento dell’interdizione, il dg Migliore ha ripreso le sue funzioni alla guida dell’ospedale.
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