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Bari, Punta Perotti: «Sgomberate subito il parco, danni per oltre 10 milioni»

 
Giovanni Longo

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Giovanni Longo

abattimento dei palazzi di Punta Perotti

Nel mirino il mancato godimento dei suoli e la loro possibile alterazione anche a seguito dell'interramento di detriti post-demolizione

Martedì 16 Febbraio 2021, 12:27

Lamentano i danni per il mancato godimento dei suoli a partire dal 15 novembre 2010, giorno in cui venne revocata la confisca bollata come «arbitraria» dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo. Rivendicano il possesso di quei terreni che il Comune - dicono - non ha mai riconsegnato a norma del codice civile e che, pertanto, sono occupati ancora oggi abusivamente, a distanza di oltre dieci anni. Chiedono al Tribunale che ordini al Comune di smantellare giostrine, tensostrutture, un tratto di pista ciclabile che attraversa il giardino e quant’altro. Esigono, soprattutto che prima della riconsegna formale, sia verificato lo stato dei luoghi a partire dal sottosuolo dove - temono - eventuali detriti e materiali di risulta della grande demolizione del 2006 potrebbero avere alterato lo stato dei luoghi. Con possibili danni ambientali.

La vicenda di Punta Perotti si arricchisce di un nuovo tassello, con tanto di questione ambientale che spunta all’orizzonte. Non c’è solo Sudfondi ormai in concordato ad avere intimato al Comune di sgomberare il parco della Legalità come la Gazzetta ha già raccontato. A sollevare le numerose e scottanti questioni, infatti, è anche Iema (Quistelli) che, assistita dall’avvocato Francesco Biga, ha fatto causa al Comune. Perché? Tutto ruota intorno a ciò che è successo (o che non è successo, dipende dai punti di vista), dopo la revoca della confisca dei suoli, disposta nel 2001 e cancellata nove anni dopo, a fronte di un principio giuridico in apparenza banale e che suona più o meno così: non si può essere assolti e allo stesso confiscati, come invece era capitato agli imprenditori. La Cedu, ricordiamo, nel 2012 aveva condannato lo Stato italiano a pagare complessivi 49 milioni di euro (dei quali 2,5 a Iema), come ristoro per il danno economico subito dalla demolizione degli edifici e per il mancato godimento dei beni nel lasso di tempo intercorso tra la data della confisca (2001) e la sua revoca (2010). Su quei terreni, ricordiamo, l’Amministrazione comunale aveva installato il cosiddetto Parco della Legalità inaugurato nel marzo 2008 e frequentato, oggi covid permettendo, da tanti baresi. Il problema è che, caduta la confisca, quei suoli di fronte alla spiaggia di Pane e Pomodoro non più di proprietà del Comune, non sarebbero mai stati poi ufficialmente riconsegnati al legittimo proprietario. Sulla differenza tra «proprietà» e «possesso» si gioca l’ennesima partita su Punta Perotti che, se dovesse avere ragione Iema, inciderebbe non poco sulle casse comunali.

Iema sostanzialmente sostiene che dal novembre 2010 il Comune avrebbe dovuto eliminare tutte le attrezzature che insistono sul parco e avrebbe dovuto riconsegnare i suoli. Il Comune, assistito dagli avvocati Nino Matassa e Biancalaura Capruzzi, dell'avvocatura comunale, replica di avere sin dal gennaio 2011 scritto a Iema per riconsegnare i suoli, ma all'invito non si sarebbe presentato nessuno. Prima di riprendere i terreni - è la controreplica di Iema - il Comune avrebbe dovuto rimuovere a sue spese le attrezzature del parco; restituire tutto così com’era all’epoca; dare garanzie sullo stato dei luoghi anche sotto il suolo per via di eventuali detriti derivanti dalla demolizione. Il tutto, con una offerta reale di consegna dell'immobile ai sensi dell’articolo 1216 del codice civile (Intimazione di ricevere la consegna di un immobile), come il Comune aveva a suo tempo stabilito con delibera di giunta 235 del 16 maggio 2011, procedura non avvenuta perché il Comune non avrebbe mai risposto ai solleciti di Iema. Una questione in punta di diritto dalle notevoli conseguenze pratiche.

Bene, nei giorni scorsi la terza sezione civile del Tribunale ha detto sì alla richiesta di perizia avanzata da Iema. Gli ingegneri Tommaso Colabufo e Giovanni De Biase, avranno il compito, tra l’altro di indicare «le opere realizzate a cura del Comune sui beni oggetto del contendere» e di individuare «i lavori da eseguirsi» per il ripristino dei suoli così com’erano, «quantificandone i costi». I due periti nominati dal giudice Tiziana Di Gioia dovranno anche determinare il «valore figurativo-locativo dei beni oggetto del contendere dal 15 novembre 2010 e sino all’attualità avendo riguardo alla destinazione urbanistica che i suoli avevano al momento della revoca della confisca nonché di quella eventualmente via via assunta sulla base degli atti emessi dalla pubblica amministrazione». Naturalmente si tratta di rispondere a quesiti tecnici. Spetterà solo al giudice stabilire nel merito chi ha torto e chi ha ragione. Secondo Iema, è come se dalla revoca della confisca, il contatore dei danni avesse ripreso a girare vorticosamente. La società mette nel conto anche la modifica voluta dal Comune sulla situazione giuridica e urbanistica dei suoli ormai non più edificabili e che ha inciso negativamente sul valore dell’immobile. La Iema calcola il danno complessivamente subito sul punto non inferiore a 10 milioni di euro anche con riferimento a quella parte dei suoli adiacenti alla lottizzazione, che erano stati consegnati gratuitamente per realizzare le opere di urbanizzazione (fogna, acqua, gas, luce peraltro, oneri pagati e non restituiti), ma che, pur senza palazzi, sono rimasti al Comune.


Di qui la richiesta di condanna alla restituzione del possesso degli immobili, anche quelli non interessati dall’attività edificatoria per complessivi 2.726 metri quadri, dopo l'accertamento dell'inesistenza della servitù di uso pubblico.
Chiesta anche la rimozione delle attrezzature e infrastrutture realizzate da Palazzo di Città per garantire la fruizione collettiva dei suoli da parte dei cittadini; la condanna ad eseguire o pagare il ripristino dei beni così com’erano, con particolare riferimento alla bonifica dell’area da eventuali «conseguenze pregiudizievoli discendenti dalle attività di demolizione delle opere edilizie». Nel mirino, sostiene sempre Iema, la possibile «alterazione della condizione morfologica dei suoli anche a seguito dell’interramento di detriti e materiali di risulta». La tesi è che la spettacolare demolizione abbia modificato lo stato dei luoghi, alterando la conformità morfologica, con il rischio che possano essere stati provocati anche notevoli danni ambientali.

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