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Bari, parla il neoarcivescovo Satriano: «Il rinascimento di Bari e l’apertura alle culture»

 
Antonella Fanizzi

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Antonella Fanizzi

Bari, è il giorno di Monsignor Satriano: alle 17 la prima messa in Cattedrale

foto Luca Turi

Ieri la prima celebrazione eucaristica del ministero episcopale in Cattedrale. «Mano tesa ai giovani e alle famiglie. Starò con la gente»

Martedì 26 Gennaio 2021, 11:20

BARI - Un semplice pezzo di pane accompagnato da un’immagine del Crocifisso. È il dono di monsignor Giuseppe Satriano ai rappresentanti della comunità ecclesiale, delle istituzioni, delle forze dell'ordine riuniti in Cattedrale in occasione della prima celebrazione eucaristica del ministero episcopale che papa Francesco ha affidato al vescovo. «Per tutti e ciascuno è tempo di condivisione, è tempo di abbandonare ogni ritrosia, ogni paura e metterci alla scuola di Gesù. È tempo di diventare pane per il mondo – recita monsignor Satriano nell'omelia -. Il pane è segno di speranza, un segno che dica l’orizzonte, l’impegno, la responsabilità del nostro camminare».

Da ieri l'arcidiocesi di Bari-Bitonto ha una nuova guida: è il 60enne di origini brindisine che finora è stato vescovo di Rossano-Cariati, in Calabria. Satriano prende il posto di monsignor Francesco Cacucci, a cui il ringraziamento viene rivolto con queste parole: «Un sapiente tessitore di un cammino pastorale che nella mistagogia ha trovato la sua chiave interpretativa. Cacucci è stato protagonista di pagine indelebili nella storia di questa Chiesa e della città di Bari. Con la sua regia discreta si sono scritti passaggi significativi nel cammino del dialogo ecumenico, sino a giungere alle indimenticabili giornate dello scorso febbraio, tempo profumato di un futuro di luce, vera seminagione di speranza per le Chiese del Mediterraneo e non solo».

Monsignor Satriano, da oggi è vescovo nella città che ha allargato le braccia al pontefice. Un anno fa Bari è stata ribattezzata capitale della pace e del dialogo fra i popoli del Mediterraneo.
«C'è un cammino di consapevolezza che la Puglia e Bari stanno facendo. La nostra realtà identitaria rivela un'apertura di Bari a tutte le culture e all'Oriente. È un percorso di educazione alla fratellanza, all'accoglienza, all'umanità. Oggi il cammino dell'unità deve riguardare tutte le chiese. La fraternità si fa strada nel cuore nel rispetto delle diversità. San Nicola ci parla di una vita donata e aperta soprattutto ai più poveri, che oggi deve essere declinata in questa dimensione di carattere pastorale, politica, sociale, culturale. Mi approccio a questa realtà in punta di piedi, con grande rispetto, a testimonianza di un cammino comune: di continuità nella discontinuità».

Cosa conosce di Bari?
«Conoscevo la periferia. Quando ero piccolo venivo a trovare dei parenti. Ho sangue barese da parte di mia madre. Conosco ora, invece, una evoluzione, un rinascimento. Ho visto la crescita a livello di cultura religiosa. Bari è complessa perché ha tante realtà belle chiamate a entrare in sinergia».

Bari è la città di San Nicola. Qual è il suo rapporto con il santo di Myra?
«Mio fratello, come mio nonno, si chiama Nicola. La mia è una venerazione molto famigliare, intima. Ho imparato a riconoscere la forza e il patrocinio potente del santo patrono di Bari anche in Calabria, dove la devozione è sentita. Sono felice come vescovo di essere sotto il suo patrocinio».

San Nicola è il legame fra Oriente e Occidente. Che rapporti ha avuto finora con la chiesa ortodossa?
«Ho avuto la gioia di ospitare Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, a Rossano Calabro. Altri rapporti li ho costruiti con la comunità ortodossa di Brindisi».

Cosa porterà della Calabria qui in Puglia?
«La Calabria ha conservato una ricchezza di umanità molto forte che la Puglia rischia di perdere perché il benessere ha bussato alle sue porte. È una condizione che ritroviamo in tutto il mondo: dove si vive al limite, l'umanità ha un profumo più intenso. C'è un divario enorme fra Puglia e Calabria a livello sociale e di istituzioni politiche. La Puglia ha fatto di recente passi da gigante. E i calabresi guardano ai pugliesi con un pizzico di invidia. Dalla Calabria porto con me tanto amore e umanità. Il rapporto con la gente è stato meraviglioso, spero di poterlo stabilire anche qui».

Le emergenze, soprattutto in questo periodo di pandemia, sono i giovani e le famiglie.
«La società si è dimenticata dei giovani. Il mondo adulto è fragile e vulnerabile, non è in grado di trasmettere la fede, né la passione per la vita e per la cultura. Dobbiamo parlare non dei giovani ma con i giovani, che hanno un potenziale esplosivo e rivoluzionario. Quello che la chiesa può fare in questo momento, come stimolo e testimonianza, è essere vicina alle persone, in particolare a quelle più fragili. Non è facile scrivere ricette per nessuno. La politica e la pastorale devono imparare a declinare le parole vicinanza, accompagnamento, solidarietà, sapendo individuare le urgenze e ponendosi accanto alla gente. L'università è un centro propulsore dove contattare i giovani che avranno da dire tanto alla chiesa. I giovani che vivono la dimensione scolastica ferita dalla pandemia e che abitano nei quartieri vanno intercettati: dobbiamo imparare a ritrovarli sul nostro cammino».

Lei ha svolto il ministero pastorale in Calabria, Bergoglio viene dall'America Latina, dal sud del mondo. Che missione le ha affidato?
«Il papa è un grande uomo che guarda negli occhi e parla al cuore. Gli ho chiesto il perché mi avesse spostato e cosa avrei dovuto fare a Bari, territorio che il papa conosce meglio di me. Mi ha riposto di essere me stesso. Sono uscito con le ali ai piedi. Per questo mi sento libero. Non ho ricevuto consegne. Sono pronto all’ascolto: sono cresciuto in Puglia ma non ho calcato nessun palcoscenico. Sono invece stato in Kenya e in Calabria, fra i poveri. Bari vive un rinascimento. Mi inserirò a piccoli passi per valorizzare questa realtà. L'ascolto è dimensione prioritaria dell'accoglienza. Non si può agire senza avere la consapevolezza di ciò che siamo chiamati ad essere».

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