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Bari, odissea di un 81enne all’Asl per il farmaco antitumorale: lotteria tra code e call center

 
Carmela Formicola

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Carmela Formicola

Bari, odissea di un 81enne all’Asl per il farmaco antitumorale: lotteria tra code e call center

Ora funziona così: l’oncologo prescrive i farmaci, per averli devi chiamare un numero fisso della Asl, se sei fortunato qualcuno ti risponde e ti assegna un giorno nel quale puoi andare alla farmacia del Cto a ritirarli

Domenica 13 Dicembre 2020, 10:59

«A ciò che i burocrati chiamano recidiva gli dei diedero il nome di perseveranza» («Macerie prime», Zerocalcare). Ma qui parliamo proprio di burocrazia, quella cieca, ottusa e italiana. Nulla di divino, piuttosto quella vocazione diabolica a complicare la vita della gente normale, delle brave persone, di chi ha già i suoi bei guai. Come il nostro lettore 81enne che ci affida l’odissea, il dolore e la rabbia di chi non solo combatte contro la morte (il tumore che si è impossessato di sua moglie) ma anche contro la sanità pubblica (poveri noi).
Fino all’estate scorsa funzionava così: l’oncologo ti prescriveva i farmaci che poi andavi a ritirare nella farmacia dell’istituto «Giovanni Paolo II». Finito. Tutto qui. Facile.
Ora invece funziona così: l’oncologo prescrive i farmaci, per averli devi chiamare un numero fisso della Asl (080 5842299, 5842239), se sei fortunato qualcuno ti risponde e ti assegna un giorno nel quale puoi andare alla farmacia del Cto a ritirarli. Quel giorno vai al Cto, prendi il numerino come in salumeria, ti fai il segno della croce e ti metti ad aspettare.

Quindi, riepilogando: già se qualcuno risponde al telefono di uno dei numeri Asl, una parte del lavoro è fatta. Il resto viene dopo, quando arrivi alla farmacia del Cto, aperta al pubblico dalle 9 alle 12. «Sono arrivato abbastanza presto - racconta il nostro lettore - e ho preso il biglietto col numero 68, intorno alle 11 e mezza stavano chiamando il 35. Me ne sono andato, era inutile aspettare a quel punto», spiega il nostro amico 81enne che ora dovrà rifare tutta la trafila: chiamare, sperare che qualcuno risponda, farsi dare la prenotazione per quel dato giorno, andare al Cto e sperare di riuscire a entrare nella farmacia entro le 12. A 81 anni, tra l’altro, non è proprio una passeggiata andare e venire dagli uffici Asl.

«Ma, lo scriva, io non ce l’ho con gli addetti della farmacia, nemmeno con quelli che dovrebbero rispondere al telefono e non lo fanno, magari hanno le loro ragioni - chiarisce il lettore - io sono arrabbiato con i vertici dell’Azienda sanitaria. Gente senza cuore». Certe scelte, per gente normale come noi, sono sempre imperscrutabili. Le riorganizzazioni, le razionalizzazioni, le ristrutturazioni sono sempre il frutto del tentativo dei famosi «burocrati» di migliorare il sistema. Misteriosamente, ogni innovazione si traduce in un passo indietro, in disagio, malumore. In rabbia.
La burocrazia non è fatta di carne e sangue, di anima, emozioni. Piuttosto di conti, spese, tagli. Regolamenti, direttive, circolari. A questo paradigma non si sottrae il governo della Salute, come testimonia la litania quotidiana del dissenso: le liste d’attesa, la diagnostica difficile, il valzer tra ospedali, la morte (poi arrivò anche il Coronavirus, e la tempesta diventò perfetta).
Al nostro lettore non abbiamo saputo dare spiegazioni. Ci limitiamo a raccogliere la sua angoscia e a consegnarla alla coscienza dei «vertici Asl», come lui chiama questa entità astratta che ha rivoluzionato, peggiorandole, le abitudini sue, di sua moglie malata di cancro e di tante persone alle prese con malattie feroci. E con la ferocia delle «riorganizzazioni».

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