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Bari resiste alla crisi, ma è allarme lavoro

 
Marco Seclì

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Marco Seclì

porto di Bari

Tiene il tessuto produttivo: contenuti i «danni da Covid»

Martedì 09 Giugno 2020, 14:55

Bari -  Se un investitore, da qui a un anno e mezzo, avesse voglia di scommettere su una delle grandi città italiane, quale dovrebbe scegliere? La risposta è Bari, molto più di altre. Perché, tra le 14 città metropolitane del Paese, è quella che ha resistito meglio alle conseguenze economiche causate dalla pandemia e promette di restare competitiva anche in caso di ulteriori problemi legati alla crisi sanitaria. Il tessuto produttivo barese, nonostante tutto, resiste ai colpi del virus. Mentre va peggio per i lavoratori occupati nei settori più penalizzati: oltre 66mila rischierebbero il posto.

È il quadro con luci e qualche ombra emerso dallo studio commissionato dall'Anci a Cerved, società con sede a San Donato Milanese specializzata nell’analisi del rischio del credito.

La classifica dell’impatto del coronavirus sui vari settori economici stilata dall'agenzia di rating (nata come centro di elaborazione dati delle Camere di commercio del Veneto) pone Bari al penultimo posto, seguita solo da Catania. E stare in coda, almeno in questo caso, è positivo. Gli effetti dell’epidemia ci sono stati e ci saranno, ma a quanto pare in misura di gran lunga inferiore rispetto ad altre aree metropolitane.

In vetta alla graduatoria delle più danneggiate ci sono Torino, Venezia, Genova e Cagliari, colpite al cuore in settori fondamentali per la loro economia, automotive, turismo, trasporto marittimo.

Numeri e classifica - Cerved ha monitorato 1.600 comparti produttivi calcolando le conseguenze del Covid-19 sulle imprese. E ha stimato che le città metropolitane potrebbero subire nel prossimo biennio una perdita di fatturato dai 244 miliardi di euro, quasi la metà del totale nazionale, a seconda dell’evoluzione del contagio. La società ha ipotizzato due scenari: uno «soft» e uno «hard». Nel primo caso, quest’anno nelle 14 città analizzate andrebbero in fumo l’11,8% dei ricavi (un po’ meno della media italiana, -12,7%), con un rimbalzo nel 2021 del 10,2% che però non basterebbe a riportare i fatturati ai livelli del 2019 (-2,8%). Nello scenario peggiore, il crollo sarebbe del 16,4% e il recupero rispetto al 2019 diventerebbe ancor più faticoso (-4,3%).

Nel 2020 la città più colpita in termini percentuali è Torino, dove Cerved stima un calo dei ricavi del 14,4% nel caso soft e del 20,2% in quello hard. Seguono Venezia (13,8% e 19,2%), Genova (12,5% e 17,9%) e Cagliari (12,4% e 18,2%). Molto colpite pure Messina (-12,4% e -17,7%), Napoli (-12% e -17,5%), Firenze (-12% e -17,2%) e Palermo (-12% e -17,1%), che nello scenario peggiore è, assieme a Venezia, quella che chiuderà il 2021 con lo scarto maggiore sul 2019 (-5,7%).  E ancora: Roma (-11,8% e -16%), Bologna (-11,2% e -15,8%), Milano (-11% e -15,4%) e Reggio Calabria (-11% e -16%, quindi al livello di Roma nello scenario hard). In fondo alla classifica Bari (-10,6% e -15,1%) e Catania (-9,4% e -13,2%).

In termini assoluti, invece, le maggiori perdite di fatturato nel biennio 2020-21 riguarderebbero Milano (da 74 a 97,6 miliardi di euro in meno in base allo scenario), Roma (da 63,2 a 82,4), Torino (da 26 a 34), Bologna e Napoli, entrambe da 15,4 a oltre 20 miliardi, Firenze (da 13,5 a 17,7), Genova (da 9,2 a 12,5) e Venezia (da 9 a 11,7). 

Focalizzando i dati su Bari, Cerved calcola per il 2020 un fatturato di 31,1 miliardi di euro rispetto ai 34,8 del 2019 (-10,6, per l'appunto), mentre il rimbalzo sarebbe del 9,3% nell'anno successivo con un recupero che porterebbe il saldo negativo al 2,3%. Nello scenario peggiore, il fatturato 2020 scivolerebbe a 29,5 miliardi di euro (-15,1%) e il rimbalzo ipotizzato del 13,6 porterebbe a un saldo del -3,5%.

Allarme occupazione  Lo studio ha anche calcolato gli effetti dell'epidemia in termini di posti di lavoro andati in fumo e in questo ambito Bari va meno bene.

Per Venezia, prima in questa speciale graduatoria, sarebbe una falcidie di occupati: 73.500 dipendenti a rischio nelle attività a maggiore impatto (42,6% sul totale). Poi Messina (17.500, il 41% del totale), Napoli (oltre 133.000, il 39,1% del totale) e Genova (52.221 a rischio, il 37,5%).

Subito dopo, al quinto posto, ma con numeri di personale più elevati di Genova, troviamo Bari. L’indagine afferma che rischiano il posto ben 66.820 lavoratori, occupati in settori in cui la crisi ha colpito duro, il 37,5% sul totale degli occupati.
Insomma, se da un lato l’economia cittadina può abbozzare un sorriso e credere nelle capacità di ripresa, dall’altro i lavoratori baresi non possono ancora dormire sonni tranquilli. E non si potrà stare a guardare, in attesa che la crisi passi da sé.

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