Lunedì 08 Settembre 2025 | 02:21

Bari al quartiere Libertà, ora i clan possono vincere

 
Marco Seclì

Reporter:

Marco Seclì

Libertà, ora i clan possono vincere

«Correre ai ripari. Che fine ha fatto il consiglio comunale?»

Venerdì 03 Aprile 2020, 18:55

Immigrati abbandonati a se stessi, famiglie in difficoltà, disagio sociale crescente. E il rischio che la criminalità organizzata recuperi terreno, pescando nel bisogno per reclutare anche chi finora ce l’aveva fatta a sfuggire alla sua longa manus.

Il quartiere Libertà è una polveriera, un vulcano spento pronto a esplodere qualora l’emergenza dovesse continuare a lungo e le istituzioni, ma anche la cosiddetta società civile, non fossero in grado di fornire risposte adeguate per contrastare i clan. Il rischio è concreto, riconosciuto e ben presente a molti osservatori che conoscono a fondo le dinamiche del popoloso quartiere di Bari, da sempre in bilico tra riscatto e precipizio. Alcuni attori sociali in questi giorni di «quarantena» lanciano un’accusa: «Bene l’azione del sindaco per la gestione dell’emergenza, ma dov’è finito il consiglio comunale, il luogo democratico deputato a discutere e a elaborare piani per uscire dalla crisi? E dove sono le municipalità?».

Stigmatizzano l’assenza della politica come strumento di risoluzione dei problemi Rossana Ruscelli, coordinatrice di Convochiamociperbari, e Carlo Paolini, presidente di Arca.

Mentre Franco Neglia, responsabile dell’associazione Murattiano sposta il tema su un altro binario. «Non può fare capo solo alle istituzioni - premette - il compito di evitare l’esplosione della rabbia sociale che si risolve spesso in una guerra tra gli ultimi e i penultimi con la regia e il sostegno della criminalità organizzata». E lancia una proposta concreta: «Penso a quello che possono fare le associazioni datoriali. Un esempio? Le organizzazioni dei commercianti diano il segnale che il posto di lavoro sarà garantito alle migliaia di giovani che lavorano nei negozi e che risiedono nei quartieri difficili».

Rossan Ruscelli punta invece l’indice su alcune mancate azioni che avrebbero potuto arginare il disagio, a partire da quello che vivono gli immigrati del quartiere Libertà, «poveri tra poveri, invisibili che in quanto tali non possono essere destinatari nemmeno degli aiuti alimentari del Comune». «Mesi fa - ricorda - assieme a numerose associazioni lanciammo la proposta di un’anagrafe comunale per i migranti, ricevendo pure il placet dell’assessore Bottalico e che ora sarebbe stata essenziale. Il sindaco Decaro sta agendo bene in questa situazione di emergenza ma, forse perché come presidente Anci non vuole prendere posizioni considerate scomode da suoi colleghi, non ha finora portato alla ribalta il problema. Eppure non ci si può nascondere dietro un dito».

La coordinatrice di «Convochiamociperbari» prevede che più la crisi sanitaria andrà avanti, con le ripercussioni che comporta sull’economia, più le persone in difficoltà aumenteranno, più ci sarà il pericolo di tensioni e conflitti sociali. Rilancia l’allarme del procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri: «Il coronavirus può essere una grande occasione per la criminalità organizzata». Chi lavorava in nero, chi ha perso il lavoro a causa della chiusura delle attività è facile preda dei clan. «Un avvertimento che vale anche per il quartiere Libertà, chi non riesce più a portare a casa attraverso lavoretti precari quei trenta euro che gli permettevano di vivere a chi si rivolgerà?». Per questo Rossana Ruscelli incalza gli amministratori comunali. «Per non far finire tante famiglie sotto lo scacco della malavita - sostiene - c’è bisogno di un progetto articolato capace di offrire un vero sostegno. Mi auguro che il consiglio comunale voglia tornare a riunirsi e a occuparsene, per togliere “armi” alla criminalità. Occorre attivare strumenti diversi anche di censimento e valutazione dei bisogni. Ricordo che il vicesindaco avrebbe dovuto lavorare sulla digitalizzazione per velocizzare anche questi percorsi, non so se sia stato fatto...».

Sollecita una strategia su larga scala, un cambio di rotta che investa la politica nazionale: «Bisognerà recuperare fondi per la sanità, per il sostegno del reddito, ecco perché saranno necessarie politiche fiscali diverse, il recupero dell’evasione e anche una tassazione dei grandi patrimoni, un tema considerato spesso tabù ma che oggi va affrontato».

Carlo Paolini in questi giorni è uscito di casa solo per esigenze primarie. Gli è stato sufficiente, però, per cogliere i campanelli dall’allarme che arrivano dal Libertà. «Il quartiere vive di piccoli negozi di vicinato - osserva il responsabile dell’associazione Arca - l’emergenza ha spazzato via queste attività. E non basta l’assistenza per i bisogni alimentari della gente. In molti ora sono facile preda degli usurai e quindi della criminalità». Punta i riflettori sul problema dei tanti immigrati e sul controllo del territorio. «Tanti vanno in giro senza mascherina e sono sia potenziali vittime che potenziali veicoli di contagio. Mi chiedo, poi, perché l’accesso a piazza Risorgimento non venga limitato, come succede in altre aree della città». Paolini invita a predisporre «politiche di prevenzione del disagio». «Bisogna iniziare a pensare al dopo-crisi - esorta - farsi trovare preparati altrimenti le conseguenze saranno molto negative. Ecco perché mi meraviglio che in questo frangente non si senta la voce dei consiglieri comunali e municipali. Serve il coinvolgimento di tutti per avviare interventi mirati per intercettare le famiglie bisognose, assicurare il sostegno non solo economico, ma anche sociale e culturale. Il consiglio comunale non può essere esautorato in nome dell’emergenza».

Franco Neglia sottolinea che «il quartiere Libertà è il territorio nel quale si accumulano le diverse fragilità sociali: non solo migranti, ma anche lavoratori precari, donne in difficoltà». E divide in due la «chiamata alle armi». «C’è la parte delle istituzioni, come liberare risorse per il Fondo povertà, rifinanziare la Cig ordinaria e quella in deroga ben oltre agosto, rafforzare il Red regionale, ma - avverte - non sarà sufficiente». E per questo il presidente dell’associazione Murattiano invita a fare la propria parte pure le associazioni datoriali. A partire dai commercianti, nell’auspicio che assicurino i posti di lavoro ai dipendenti. «E soprattutto - aggiunge Franco Neglia - si garantiscano ulteriori sostegni finanziari alle organizzazioni che praticano volontariato: sono la faccia più riconoscibile per le persone sole e in difficoltà. Di certo la guerra alle organizzazioni criminali da oggi sarà più difficile e richiederà strumenti inediti e il contributo di tutti».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)