BARI - In occasione della celebrazione dei Primi Vespri della I Domenica di Avvento, presieduti dall’arcivescovo di Bari e Bitonto Mons. Francesco Cacucci, si terrà sabato 30 a Bari, alle 17, il rito di riapertura della Chiesa di San Gregorio. Pubblichiamo qui di seguito una breve storia dell’edificio di culto.
Si è avvertita in questi ultimi anni a Bari la chiusura, per restauri, della chiesa di San Gregorio. Non solo per il suo valore artistico e storico: è senza dubbio il tempio cristiano più antico della città (il primo documento che ne attesti l’esistenza risale ai primi anni dell’XI secolo). Meglio: è il più antico ancora in alzato, dal momento che in questi ultimi decenni il sottosuolo della città ha restituito i resti di una decina di chiesette bizantine!
Ma se ne è avvertita la chiusura, anche perché San Gregorio è uno dei luoghi di culto cui sono legate tracce della tradizione popolare: da qui uscivano, negli anni dispari le statue dei Misteri, che durante la settimana della Passione sfilano per le strade di Bari, e che i baresi denominano vend’luse (portatrici di vento), in contrasto con quelle della Vallisa, che sono chiangiaminue (piagnone, portatrici di pioggia). Per me, personalmente, la chiesetta costituiva, da ultimo, grazie ai riti ortodossi che vi si svolgevano, uno squarcio di esotica antropologia cultuale.
Storicamente, la chiesetta è l’unica tra una serie di luoghi di culto bizantini, locati nello spazio del Catapanato, a non essere stata abbattuta per elevare la basilica da dedicare alla venerazione delle reliquie di San Nicola, giunte da Myra; come le altre scomparse, che erano intitolate a San Demetrio, Sant’Eustazio, Santa Sofia, San Basilio..., anche San Gregorio rievoca il culto di un santo orientale: quel Gregorio Illuminatore, santo armeno e vescovo di Cesarea, morto intorno all'anno 328, i cui resti – secondo la leggenda – furono portati in Puglia, a Nardò, dai cristiani armeni durante la persecuzione iconoclasta (il teschio è venerato a Napoli).
Secondo la storica dell’arte Pina Belli D’Elia, l’attuale edificio, proprietà degli Adralisto, nobile famiglia d’origine greca, è «frutto di una ricostruzione del XII secolo, seguita alla distruzione della città bel 1156»: la nota distruzione della Bari ribelle imposta dal normanno Guglielmo il Malo.
Ingannevole è oggi la sua bellezza «romanica»: come è spesso successo per molte chiese medievali pugliesi, anche San Gregorio ha subìto, tra il 1928 e il 1937, una cura «purificante», nel tentativo anacronistico di ricondurre l’edificio a un’origine medievale. Tant’è: anche così la basilichetta, con le sue tre navatelle, le tre absidi semicircolari che ornano lo spazio esterno, i capitelli di varie epoche e la monofora centrale coronata di piccole sculture..., si mostra nella sua accattivante semplicità. E senza dubbio, essa doveva fare da scenario suggestivo non solo per i tanti pellegrini in visita alla basilica di San Nicola, ma anche per i venditori e compratori della fiera che si svolgeva ogni anno nelle adiacenze, e per cui aveva derivato, già negli inizi del XIII secolo, il soprannome di San Gregorio «de Mercatello».
Come si è detto, l’azione «liberatrice» degli anni Venti e Trenta del ‘900, ha sgombrato l'interno della chiesetta dei suoi arredi sacri, dei possibili stucchi, e delle altre opere ritenute incongruenti con una facies medievale.
Solo, nell’interno, in controfacciata, resta un affresco raffigurante «Sant’Antonio», probabilmente risalente al '600, quando si procedette alla muratura delle due porticine laterali della facciata. Ma ben altro doveva contenere la chiesetta: come ha sostenuto Clara Gelao, resta traccia documentaria dell’esistenza di una statua raffigurante «Santa Lucia», con ogni probabilità opera di Stefano di Putignano, tra fine ‘400 e inizi ‘500. Sparita nel nulla.