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Bari, arriva Pepper, robot sociale che gioca con i bambini

 
Flavio Campanella

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Flavio Campanella

Bari, arriva Pepper, robot sociale che gioca con i bambini

Il Dipartimento di Informatica lavora anche per aiutare a curare i bimbi autistici

Lunedì 14 Ottobre 2019, 09:49

15:15

Si chiama Pepper, è alto un metro e 20 centimetri e non ha età. Se lo si interroga, però, risponde di avere 5 anni (visto che è stato progettato un lustro fa). Se poi gli si chiede il genere, replica di non sapere se è maschio oppure femmina per il semplice motivo che non è umano, anche se il suo compito è interagire con le persone.
Pepper, infatti, è un robot sociale (sebbene abbia anche altre applicazioni) adottato dal team del Dipartimento di Informatica dell'Università di Bari. Il direttore Donato Malerba lo ha voluto fortemente. Anzi, li ha voluti, visto che ne sono stati acquistati due (17mila euro di spesa per ciascuno).

Ad occuparsene in maniera specifica sono però alcuni ricercatori, a cominciare dalla professoressa Berardina Nadja De Carolis, docente di Progettazione dell'Interazione con l'utente e Sistemi ad Agenti, responsabile del laboratorio di ricerca sulle Interfacce Intelligenti (IntInt Lab).
Tempo fa è stata contattata informalmente dal Pediatrico di Bari perché dal reparto di Oncologia ritengono che i bambini possano essere entusiasti dell'incontro con Pepper.
«Mi piacerebbe molto - afferma De Carolis -. Non c'è niente di ufficiale, ma stiamo lavorando perché in quel caso vorremmo che il robot sia pronto per interagire con i piccoli pazienti».

I robot sociali sono robot autonomi capaci di svolgere compiti più o meno complessi nel mondo reale. Per fare questo però devono essere in grado di instaurare relazioni sociali con le persone, riconoscendo la situazione in cui si trovano.
«Noi del Dipartimento - spiega De Carolis - abbiamo esperienza nel settore dell'intelligenza artificiale. Su Pepper, che è il “corpo” giusto, stiamo sperimentando ciò che abbiamo acquisito negli altri settori. Siamo partiti da programmi che facessero in modo che il robot, utilizzando algoritmi di deep learning, si rendesse conto del contesto e riconoscesse i comportamenti umani».

«Un robot sociale, quindi, deve essere in grado di riconoscere la situazione in cui si trova, capire e mostrare le emozioni, avere capacità di conversazione simili a quelle umane, seguendo norme sociali appropriate al ruolo. Rispetto al riconoscimento delle emozioni siamo all'avanguardia, stiamo cercando di migliorare in ambienti in cui l'interazione avviene senza controlli, liberamente».

Pepper, ad esempio, ha già conosciuto molti bambini, affascinati dalle sue storie. «Erano entusiasti dello storytelling interattivo - ricorda De Carolis - perché si facevano raccontare da Pepper una storia diversa, a seconda dei loro desideri, e ciò aiuta gli psicologi e gli insegnanti a comprendere se ad esempio ci sono delle problematiche da approfondire. I campi di applicazione sono dunque innumerevoli: per le scuole ad esempio Pepper ha la possibilità di fare compiti abbastanza complessi. Abbiamo pensato con la collega Veronica Rossano un'applicazione per il coding: può ascoltare gli alunni e dare suggerimenti per attuare la strategia più corretta. Ma ce ne è un'altra per la sostenibilità ambientale: la scommessa è che Pepper insegni ai bimbi a riciclare correttamente. Usando un algoritmo di visione artificiale (qui l’esperta è Giovanna Castellano, ndr), che gli fa riconoscere il materiale e poi il cestino dove gettare il rifiuto, abbiamo indotto il robot a giocare con i bimbi: facevano a gara per sfidarlo e trovare oggetti difficili da differenziare. Insomma, è un grande strumento di apprendimento, di intrattenimento e anche di marketing. Una azienda barese ce lo ha chiesto per un imminente evento in Fiera. Nel campo dell'assistenza terapeutica, poi, il sistema sanitario potrebbe avere vantaggi enormi, anche economici».

La ambizione di Berardina Nadja De Carolis è creare un robot economico che possa essere a disposizione di tutti i bambini che abbiano bisogno di sostegno, ad esempio nelle case dei piccoli autistici. «Se pensiamo - continua - che ciascun bimbo affetto da sindrome dello spettro autistico ha bisogno di una terapia individuale, si comprende quanto possa essere efficace utilizzare un robot. Accelera il processo analizzando i dati raccolti in modo da modificare la terapia in caso di necessità. Può percepire quante volte l'autistico ha guardato il robot: prima una volta, poi due e così via. Il problema di chi ne è affetto è la relazione sociale. Il robot può insegnargli, tanto per dirne una, come ci si comporta alle feste di compleanno. In questo momento, però, i costi sono elevati, sebbene ci siano start up che forniscono il servizio con tariffe accessibili, compresa quella di un nostro studente. A breve, inoltre, faremo un esperimento sulla demenza cognitiva degli anziani. Infine, una cosa è certa: i robot sociali e l'intelligenza artificiale saranno sempre più presenti nella nostra vita quotidiana».

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