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Bari, condannato per gli ori rubati Ma ferire il ladro fu legittima difesa

 
Luca Natile

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Luca Natile

Bari, condannato per gli ori rubati Ma ferire il ladro fu legittima difesa

La sparatoria di 6 anni fa a San Girolamo

Domenica 28 Aprile 2019, 08:55

BARI - Assolto dall’accusa più grave, tentato omicidio e lesioni, per aver aperto il fuoco contro i tre rapinatori che avevano fatto irruzione in casa sua. Condannato,invece, insieme alla moglie, per aver acquistato o ricevuto quei gioielli, bottino di furti e rapine, che i tre malviventi avrebbero portato via se lui, il padrone di casa, nonostante la non più verde età, non si fosse divincolato dalla stretta di due dei banditi che lo avevano gettato per terra tentando di immobilizzarlo, e non li avesse presi a pistolettate, inseguendoli giù per le scale, fino all’androne del palazzo, in un condominio plurifamiliare in via Teodoro, al quartiere San Girolamo.
Per il Gip del Tribunale di Bari, Francesco Mattiace, quella sera del 18 settembre del 2013, un mercoledì, Luigi Sassanelli, oggi 73enne, detto «Gino l’occhiale», un «vecchio gentiluomo » come Charles Dickens nelle avventure di Oliver Twist, definisce con ironia il vecchio Fagin, archetipo del malvagio «ricettatore di beni rubati», sparò per due volte con la sua pistola tamburo, una «Taurus» modello 38 special (oggetto di furto), per legittima difesa. Nella sentenza il Gip, relativamente all’accusa di tentato omicidio e le lesioni, qualifica la condotta dell’imputato«scriminata dalla legittima difesa». Nella dottrina del diritto penale e nel linguaggio forense, la «scriminante» è l’elemento, la circostanza, l’attenuante che costituisce motivo di non punibilità. Per «Gino l’occhiale» il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a 10 anni di reclusione (più 4mila euro di multa) mentre 2 anni di reclusione per la moglie, Anna Patrono 73 anni, sua complice - secondo l’accusa - nell’acquistare e/o ricevere «numerosi monili, preziosi e denaro (alcuni dei quali sequestrati il il 19 settembre, il giorno dopo la rapina in casa) risultati provento di furto, nonché altra merce di provenienza delittuosa occultata e non rinvenuta».
Il valore dei preziosi recuperati in casa Sassanelli, nascosti nella zoccolatura della cucina componibile (le fasce protettive, installate lungo la parte inferiore della struttura), in una credenza, all’interno di un armadio e di un comò, supera i 350mila euro. Collane, anelli, bracciali, orologi per la quasi totalità (un buon 80%) restituiti ai legittimi proprietari che la Polizia ha rintracciato convocando decine di vittime di furti in appartamento. Il restante 20%, di cui l’imputato non ha saputo giustificare la provenienza verranno confiscati.
Il difensore dei coniugi Sassanelli-Patrono, l’avvocato Massimo Roberto Chiusolo, aveva chiesto durante il processo, celebrato con la forma del rito abbreviato, la completa assoluzione per l’accusa di tentato omicidio e lesioni a carico del capofamiglia e il minimo della pena per il reato di di ricettazione contestato a entrambi i coniugi. Alla fine è arrivata l’assoluzione per legittima difesa, una sentenza destinata a rimanere negli annali. Per l’altra imputazione invece Gino l’occhiale è stato condannato a 4 anni e 8 mesi, mentre la consorte a 1 anno e 4 mesi.
La nuova legge sulla legittima difesa è stata promulgata due giorni orsono dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Aldilà delle modifiche apportate, la legittima difesa (disciplinata dall'art. 52 del codice penale), rappresenta una sorta di «autotutela» che l'ordinamento giuridico i consente nel caso in cui insorga un pericolo imminente (per sé o per altri) da cui è necessario difendersi e non ci sia la possibilità di rivolgersi all'autorità pubblica per ragioni di tempo e di luogo. Probabilmente il legislatore ha voluto tenere conto di un'esigenza del tutto naturale che è legata all'istinto di reagire quando si viene aggrediti. E Luigi Sassanelli venne aggredito.

Ecco che cosa accadde quella sera di settembre del 2013. Sono le 20.15, alla sala operativa della Questura giunge la segnalazione di una sparatoria all’interno di una palazzina al civico 34 di via Teodoro. Le Volanti arrivano sul posto in pochi minuti. Per strada c’è diversa gente, molti sono agitati. Notano Luigi Sassanelli che cerca di allontanarsi. Non fa molto strada, capisce che non ci sono vie di fuga e a quel punto torna sui suoi passi. Estrae dalla cintola dei pantaloncini un revolver e lo consegna agli agenti. «Mi hanno aggredito in casa, avevo la pistola nelle mutande e per difendermi l’ho estratta e ho sparato. Loro sono fuggiti». Mentre i poliziotti raccolgono le sue prime dichiarazioni sentono urlare. Sono delle donne che urlano «È lì, nell’androne del palazzo, è ferito». Gli agenti si precipitano ma non trovano che macchie di sangue tra l’ingresso e il cortile del palazzo e poi per strada. Non lontano trovano degli indumenti militari, parti di tuta mimetica che qualcuno ha abbandonato.

L’appartamento di Sassanelli è sottosopra. Il vetro della porta che consente l’accesso al soggiorno insieme a un portalampada sono in frantumi, colpiti da un proiettile. Sotto una poltrona viene trovata l’ogiva di una pallottola. In cucina, un secondo proiettile ha sforacchiato la porta del frigorifero. Una testimone racconta di aver incrociati sulle scale tre uomini che si precipitavano giù verso l’uscita «Indossavano delle tute mimetiche - spiega - ma non ho notato altro». Gino l’occhiale racconta tutto, per filo e per segno «Hanno suonato. Uno era vestito da carabiniere, gli altri due avevano delle mimetiche. Ho aperto. Uno di loro è andato di filato in cucina, gli altri due mi hanno sbattuto per terra. Ho avuto paura. A quel punto ho estratto la pistola e ho sparato due colpi. Non so a chi ho preso...sono arrivati alla porta...ho preso la pistola che li volevo sparare..si inceppò...quattro persone a combattere con uno di 70 anni. Sembravo un matto in mezzo alla strada...ho visto il sangue..uno, uno lo volevo uccidere». Era la terza volta che Sassanelli si trovava i ladri in casa. L’anno prima lo avevano incaprettato e chiuso in uno sgabuzzino. La moglie lo aveva tirato fuori appena in tempo per portarlo in ospedale: infarto. Era riuscito a sopravvivere e allora aveva deciso di prendersi una pistola.

«Sassanelli - spiega il giudice nella sua sentenza - può ritenersi che abbia avuto in quel momento timore per la propria incolumità e quindi, vistosi sopraffatto dal numero delle persone, abbia ritenuto di difendersi con l’unico strumento di cui disponeva in casa: la pistola». Successivamente, quando insegue gli intrusi senza riuscire a raggiungerli e senz apiù riuscire a sparare «la sua volontà omicida rimane di fatto nella sfera della mera intenzionalità, non si ha prova certa che - prosegue il gip - ove mai li avesse raggiunti, avrebbe nuovamente davvero esploso dei colpi con quell’arma da fuoco» che non era più funzionante ancora primi dell’inseguimento fino in strada.

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