Al cadere del decimo anno Domini cinematografico è arrivato papa Felice Laudadio in abito celestiale. Nella saletta costrittiva del Museo civico di Bari ha illustrato il programma Bif&st a giornalisti sottopagati e fotoreporter retribuiti con sarde. Duecento eventi (seguiteli tutti quanti) e appena 303 proiezioni da sorbirsi d’un fiato, attraversando così i cicli di morte e rinascita con reincarnazione finale nel corpo di talpe cecate.
Sulle lenti da vicedirettore bancario di papa Felice s’affollavano una fauna residuale di post-vendoliani, tutti borchiati e dallo sguardo canino ammosciato, «Marinetti» (Vito Marinelli, giornalista Rai) con pantalone blu in sfinimento esemplare giù per il polpaccio, che incedeva nella ressa mediatica su passo orientale direzionando qua e là la barbula candeggiata, un intraducibile gruppo di cartepecore dall’aspetto di femmine umane e abbonati dell’impegno civile filmico.
Vi era al tavolo pontificale la Lina Sastri, le cui nocciole d’occhi si rasserenavano fermandosi in qualche punto su per lo spazio; al suo fianco Simonetta Dellomonaco, presidente della Apulia Film Commission (ou, mica è brutta, pur essendo un architetto). E in platea in primo piano un tipo che portava cristallizzati in faccia l’espressione di confitta intellettualità, la barbotta fitta e gli occhialetti stessi di Proudhon anarchico, cantato dai ribelli due secoli fa.
A un certo punto della conferenza stampa è arrivata una nuova coppia di attori, Michele Emiliano e Gianni Paulicelli, mattatore e spalla, che dicono più valida di Gianni e Pinotto. Ma Laudadio non ha voluto anticipare il titolo del loro film che il Bif&st ha inserito come esclusiva in programmazione.