«Sono orgogliosa di aver ricevuto la medaglia d’oro al valore civile, ma certamente non basta. Nessuna onorificenza potrà lenire quel dolore che mi squarcia il cuore. Nessuno mi potrà restituire il mio Cesare. Sono anche addolorata per il silenzio seguito alla morte di mio figlio. Cesare ha perso la vita per salvarne altre quattro, quelle di altrettanti ragazzini strappati alla furia delle onde. Nessuno però ci ha detto grazie. I familiari dei ragazzini, dopo l’incidente, sono addirittura scappati e hanno fatto perdere le loro tracce. A noi resta l’orgoglio di aver cresciuto un figlio che non si è tirato indietro di fronte al pericolo, che si è alzato dalla sdraio dalla quale prendeva il sole per tuffarsi in quel mare che, all’improvviso, è diventata la sua tomba».
Cristina Gernone, la madre 64enne di Cesare Dentico, il panettiere di Bari che il 14 giugno del 2015 è morto sul litorale di Castellaneta Marina, ha ricevuto dal sindaco Antonio Decaro la medaglia d’oro assegnata per il gesto eroico compiuto dal figlio.
Signora Gernone, chi era Cesare?
«Cesare era il mio primo figlio, nato quando avevo appena 17 anni. Cesare è stato il miglior figlio che una madre avrebbe potuto desiderare. Ha sempre lavorato sin da piccolo, è stato stimato da tutti. Era un grande appassionato di sport: nel tempo libero, quel poco che gli rimaneva al termine della giornata, lo trascorreva in palestra dove seguiva giovani ragazzi. Era tutto casa e lavoro. Adorava la sorella, i fratelli e i nipoti. Era contento della vita che aveva e delle amicizie sincere. Aveva sempre il sorriso sul volto».
Cosa è successo quella maledetta domenica del 14 giugno 2015?
«Cesare era in spiaggia a Castellaneta Marina con la sua fidanzata. La mattina mi ha chiamato: ero in partenza per trascorrere qualche giorno con l'altro mio figlio. Mi ha chiesto come fosse il tempo. Non mi aveva detto dove si trovasse, non sapevo che fosse al mare. Mi ricordo che stavo preparando il pranzo quando è squillato il telefono: alle 12,30 ho ricevuto la telefonata della fidanzata. Mi ha detto: Cesare si è buttato in mare per salvare quattro bambini, ma i medici stanno rianimando lui. Mi è caduto il mondo addosso. Ho invocato tutti i santi del paradiso. Poi la corsa in macchina fra le lacrime. Quando sono arrivata in ospedale mi è stato indicato l’obitorio: è come se avessi ricevuto una pugnalata».
Come è cambiata la sua vita e quella della sua famiglia?
«Non ho mai pensato che Cesare avrebbe potuto agire diversamente. Il mare era in tempesta, sventolava la bandiera rossa. I bambini erano in pericolo, Cesare si è tuffato. Ma perché le famiglie non hanno sorvegliato i piccoli? Una disattenzione ha determinato questa tragedia».
Le famiglie dei ragazzi che Cesare ha riportato a riva l'hanno mai chiamata?
«Non conosco neppure i nomi dei bambini tratti in salvo. Le famiglie sono scomparse forse per il senso di colpa oppure per paura delle ripercussioni legali. Non sappiamo neppure se fossero turisti o gente del posto».
Cesare è un eroe?
«Cesare è un eroe. Eppure non ha ricevuto nessun funerale speciale, nessuno si è ricordato di lui. Il sindaco di Bari ha scritto al ministro dell’Interno perché a Cesare venisse riconosciuta la medaglia d’oro al valore civile. Ora però la nostra famiglia, che è una famiglia onesta, ha bisogno di aiuto. Cesare non è più in grado di sostenere l’economia della famiglia, che tira a campare con il mio piccolo stipendio. Faccio appello allo Stato, al presidente della Regione e al sindaco affinché ci vengano in soccorso, proprio come Cesare ha soccorso quei bambini e che per questa sua nobile azione non è più accanto a noi».