Lanterne gialle in Puglia e Basilicata? Il colore del paradosso: sulle prime metaforico del disastro Covid-19 proveniente dalla Cina, il giallo ora coincide con un relativo sollievo e la possibilità delle riaperture. Se tutto dovesse andare per il verso giusto (perlomeno non troppo sbagliato) nei prossimi giorni le nostre due regioni potrebbero avere i parametri per transitare dalla zona arancione a quella gialla, dove già si trova gran parte della Penisola. Fra l’altro ciò consentirebbe il ritorno in presenza nei musei con le necessarie accortezze, e nei teatri o nei cinema purché con la capienza massima del 50%, entro i limiti di 500 spettatori al chiuso e 1.000 all’aperto. Teatri e cinema sono serrati dal 24 ottobre scorso, quando l’ennesimo Dpcm gelò le speranze dello spettacolo italiano già provato dal lockdown della primavera 2020. E dire che gli operatori del settore erano stati rincuorati dal buon esito della Mostra di Venezia svoltasi in presenza e senza contagi (Leone d’oro fu Nomadland di Chloé Zhao, quindi premiato con l’Oscar, che oggi guida i magri incassi al botteghino).
Il Dpcm autunnale fu subito contestato ed è rimasto al centro delle polemiche. Del resto, i luoghi dello spettacolo sono stati puntualmente i primi a venire chiusi, come se fossero i più pericolosi per la diffusione del virus. Da ultimo, avrete visto, si sono svolti i flashmob di Milano e Roma, coi bauli di scena trasformati in tamburi, e di Bari con 130 simboliche tombe bianche in piazza Prefettura.
I lavoratori dello spettacolo, i protagonisti e le star come i tantissimi che agiscono dietro le quinte, lamentano l’insufficienza dei risarcimenti del governo ancorché integrati da talune misure delle regioni (la Puglia della cultura orchestrata dall’assessore Massimo Bray è stata fra le più sollecite). Ma essi soprattutto temono che il pubblico sia ormai assuefatto alle visioni domestiche, impigrito da un anno e passa di pandemia, e infiacchito dalla «modalità zoom» in cui si svolge gran parte della vita quotidiana.
Lo ha ribadito da par suo Woody Allen che l’altro giorno, alle otto del mattino di New York, arzillo più che mai a dispetto degli 85 anni suonati, si è collegato via Zoom (appunto...) per presentare il suo nuovo film, Rifkin’s Festival, nelle sale italiane da oggi. Allen ha toccato il tasto cruciale: «A causa dell’emergenza sanitaria le persone sono rimaste a casa e hanno pensato di poter fare a meno della sala cinematografica. Che vado a fare al cinema - dicono - quando premendo un pulsante il film lo vedo a casa mia con immagini nitide e un’ottima acustica? Ma quanto è diverso vedere Il Padrino o I Blues Brothers insieme a 500 persone in una sala buia, piuttosto che stare a casa sul divano con il telefono che squilla!».
Già, è diverso, eccome. Teatri e cinema, nonché biblioteche e librerie, sono concreti presìdi di socialità, di sicurezza urbana, di buon vivere. Quando un presidio culturale chiude, il quartiere e la città ne soffrono: sul «viale del tramonto» eravamo da parecchi anni, in particolare per i cinema (sostituiti dalle multisale periferiche), ma il Covid rischia di accelerare la fine di un’epoca.
Eppure non mancano le voci volitive. «La cultura sta ripartendo, è la sfida dei prossimi mesi e penso che la vinceremo», ha detto il ministro della Cultura, Dario Franceschini, mentre firmava un nuovo «decreto finestre» per reintrodurre l’obbligo di uscita in sala almeno per i film gratificati dai contributi dello Stato. In sostanza i film potranno approdare sulle piattaforme streaming o in televisione dopo trenta giorni dalla prima proiezione al cinema. «Troppo pochi trenta giorni», replicano gli esercenti, menzionando il caso dell’ultima commedia di Carlo Verdone girata in Puglia, Si vive una volta sola, che la scorsa settimana è stata proposta soltanto in tre sale di Roma, giacché destinata in esclusiva ad Amazon Prime. Sicché non sono pochi i cinema e i teatri che, sebbene in zona gialla, hanno scelto finora di non riaprire (costi e incertezze non valgono la candela o la lanterna) e taluni prevedono di tornare a regime non prima dell’estate.
Per fortuna, a dar manforte nei prossimi mesi arriverà un gran numero di titoli attesi, molti dei quali targati Rai Cinema e distribuiti dalla 01 collegata alla Rai, annunciati dai rispettivi manager Paolo Del Brocco e il barese Luigi Lonigro. Qualche esempio? The Palace di Roman Polanski, il Dante di Pupi Avati, L’ombra di Caravaggio di Michele Placido, I fratelli De Filippo del «nostro» Sergio Rubini, Il colibrì di Francesca Archibugi dal romanzo di Sandro Veronesi premiato con lo Strega e prodotto dalla «Fandango» di Domenico Procacci al pari di Tre piani di Nanni Moretti, ma anche Diabolik dei Manetti Bros., Il sesso degli angeli di Pieraccioni, La Befana viene di notte 2 – Le origini di Paola Randi con Monica Bellucci... E, dopo tanti rinvii, finalmente il 12 novembre arriverà sugli schermi il nuovo James Bond, No time to die, girato tra Matera e Gravina in Puglia.
Insomma, la voglia di storie e di emozioni potrebbe rimettere in moto una macchina ferma da tempo, e talune iniziative puntano su formule tanto desuete da apparire inedite, come i matinée proposti al cinema «Stensen» di Firenze. D’altro canto, torna la grande bellezza italiana dei parchi archeologici e dei musei. Quelli pubblici nelle zone arancione stanno riaprendo e in grande spolvero: a Roma sono al via la mostra sulla Quadriennale nel Palazzo delle Esposizioni, «All about Banksy» nel Chiostro del Bramante e «Napoleone ultimo atto. L’esilio, la morte, la memoria» nel Museo Napoleonico con inaugurazione giusto ieri, il 5 maggio del bicentenario della scomparsa di Bonaparte. Ecco poi la fotografia d’autore in rassegna per «L’Italia di Magnum. Da Robert Capa a Paolo Pellegrin» nel Palazzo Ducale di Genova, «Dante. La visione dell’arte» a Forlì, e «American Art 1961-2001. Da Andy Warhol a Kara Walker» a Palazzo Strozzi di Firenze (dal 28 maggio). Bologna, da domani a Palazzo Albergati, rende omaggio al genio irriverente e pirotecnico di Andrea Pazienza, il disegnatore e fumettista cresciuto a San Severo e scomparso trentenne nel 1988, con una mostra intitolata «Fino all’estremo». Cose da Paz, sì. Come del resto il video La vacinada di Checco Zalone con l’attrice britannica premio Oscar Helen Mirren, realizzato nel Salento e immediatamente diventato «virale» (ops). Fantasia, coraggio e un pizzico di follia: ne abbiamo bisogno per tornare a sognare.