Le città italiane ed europee sono ormai sempre più scenari estremi della crisi climatica. Il caldo torrido non è più un’eccezione stagionale, ma la nuova normalità, che mette a rischio la salute pubblica, la vivibilità urbana e la capacità degli ospedali. Secondo l’Oms, tra il 2000 e il 2016, l’esposizione globale della popolazione agli eventi di ondata di calore è aumentata di circa 125 milioni di persone. In Europa, nell’estate 2022, le ondate di calore hanno causato oltre 61mila morti premature, di cui circa 18mila in Italia, rendendola la nazione europea più colpita. Dal 2023 a oggi il trend è proseguito con nuovi record.
L’impatto del caldo non è uguale per tutti. Bambini, anziani, persone con patologie croniche o disabilità, ma anche coloro che vivono in abitazioni precarie o in quartieri ad alta densità edilizia sono i più esposti. Le città agiscono da moltiplicatori termici: l’asfalto, il cemento e le coperture impermeabili assorbono e rilasciano calore più lentamente rispetto alle superfici naturali, generando il cosiddetto effetto isola di calore urbano. Questo fenomeno può determinare una differenza di temperatura fino a 7°C tra zone centrali densamente edificate e aree periurbane o verdi. A Milano, ad esempio, le notti estive registrano picchi di oltre 5°C in più nei quartieri con bassa copertura arborea, come documentato dal progetto europeo Urban Heat Island. La minaccia è tanto silenziosa quanto pervasiva. I colpi di calore, la disidratazione, gli scompensi cardiaci e respiratori sono solo gli effetti più evidenti. Ma il caldo eccessivo e prolungato influisce anche sul sonno, sul rendimento lavorativo, sulla salute mentale. L’Istituto Superiore di Sanità ha evidenziato come le alte temperature aumentino del 16% il rischio di crisi epilettiche e del 15% gli accessi ai pronto soccorso per disturbi psichiatrici. La mortalità cardiovascolare cresce del 3% per ogni grado oltre i 30°C. Il carico di malattia non si esaurisce nell’emergenza, diventa cronicità, esclusione sociale, impoverimento. In questo contesto, intervenire sull’ambiente costruito non è più una scelta estetica o tecnologica, ma una questione di giustizia climatica e di salute pubblica. Le schermature solari sono una delle soluzioni più immediate, efficaci e sostenibili.
Dispositivi come frangisole orientabili, tende esterne, brise-soleil mobili o automatizzati riducono l’irraggiamento diretto, impediscono il surriscaldamento delle superfici vetrate, migliorano il comfort indoor. Studi dell’Università di Padova hanno mostrato come l’uso combinato di schermature mobili e ventilazione naturale possa abbassare la temperatura interna fino a 6–7°C, riducendo il fabbisogno energetico per il raffrescamento di oltre il 40%. Un dato confermato anche dal progetto Horizon 2020 «Cool Roofs», secondo cui l’adozione di strategie passive può portare a un risparmio energetico tra il 30% e il 50%, riducendo al contempo le emissioni climalteranti. Ma il beneficio non è solo termico. Le schermature filtrano la luce naturale, proteggono dai raggi UV, prevengono il ricircolo di aria calda e inquinata, migliorando la qualità dell’aria interna. Uno studio dell’Environmental Protection Agency ha dimostrato che negli edifici dotati di sistemi di ombreggiamento dinamico si registra un miglioramento fino al 25% del benessere percepito dagli occupanti, con riduzione dello stress e più concentrazione. L’effetto psicologico della luce modulata, della vista schermata ma presente verso l’esterno, favorisce la regolazione del ritmo circadiano, la qualità del sonno e la stabilità emotiva, come evidenziato dalle ricerche in psicologia ambientale dell’Università di Lund e della Stanford University. Per essere davvero efficaci, però, le schermature devono essere parte di una strategia integrata.
Orientamento dell’edificio, ventilazione incrociata, uso di materiali a elevata inerzia termica, riflettenti o naturali, presenza di vegetazione: ogni elemento concorre a creare un microclima urbano più vivibile. L’uso di alberi decidui per ombreggiare le facciate esposte a sud in estate, ad esempio, consente di ridurre la temperatura delle superfici fino a 15°C, come documentato da Enea nei progetti sperimentali condotti a Bologna e Bari. Le pareti verdi e le pergole vegetali sono dispositivi biofilici che uniscono funzione termica e benessere psicologico, generando uno spazio intermedio che connette l’ambiente interno ed esterno, protegge ma non isola, filtra senza chiudere. Recuperare la cultura dell’ombra - dalle logge mediterranee ai cortili interni, dalle tettoie alle schermature mobili - significa attingere a una tradizione fondata su adattamento climatico, sobrietà e bellezza. E attualizzarla con tecnologie intelligenti e dati scientifici aggiornati.
Il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici sottolinea la necessità di incentivare misure passive e naturali per il raffrescamento urbano. Anche il nuovo Regolamento Europeo sulla Prestazione Energetica degli Edifici punta sulla progettazione climatica e sulla riduzione della vulnerabilità al calore. Oggi più che mai, progettare schermature solari significa costruire salute, resilienza e giustizia ambientale. È un gesto tecnico, ma anche politico e culturale. Perché in un mondo che si surriscalda, l’ombra è un diritto primario. E le città che sapranno offrirla saranno quelle capaci di proteggere davvero la vita umana. Non solo dal sole, ma dall’indifferenza.
















