Se l’argomento è la ginnastica ritmica, Marinella Falca è la miglior soluzione per fare chiarezza. Classe 1986, terlizzese, la sua è stata, è ancora, una vita dedicata alla «ritmica». È una di quelle «farfalle olimpiche» che ad Atene 2004 conquistarono una storica medaglia d’argento trascinando l’Italia sul podio a suon di musica ed evoluzioni, corse e rincorse. «Indimenticabile esperienza, risultato incredibile». Ricorda ancora con emozione quella spedizione greca, quella medaglia che è un’impronta indelebile.
Osserva. Osserva le «farfalle» che sul parquet del Palaflorio danzano da una parte all’altra. Si spostano colorando l’aria, muovendo applausi. Questo campionato italiano per società ha ottenuto ciò che voleva, smuovere l’interesse della gente. Oltre il calcio, oltre tutto. E la gente ha risposto.
«Cos’è la ritmica? Arte applicata allo sport. È eleganza, leggiadria. È incantevole. Sembra facile, ma in realtà di facile non c’è nulla. Ogni mossa ha uno studio dietro, ore di lavoro. Per me è ancora la vita, oggi la insegno, fa parte di me. Quando cominci a praticarla a livelli più impegnativi, ti dimentichi di tutto. Poi ti ritrovi a 25 anni e capisci che la vita è andata avanti. Per te soprattutto. Dico la verità, a volte mi sono sentita una quarantenne di 25 anni, quasi fuori luogo con le mi coetanee. È il dazio da pagare a una disciplina che richiede grandi sacrifici. Ecco, forse a mia figlia non consiglierei la ginnastica».
Quale lo stato di salute della ritmica pugliese?
«La Puglia è ricca di società di ginnastica. È un territorio fertile per la ritmica. Non bisogna farlo inaridire. Ci ha già provato il Covid, in verità».
Cosa emerge da questi campionati italiani?
«Ci sono società storiche che sono certezze, dalle quali si può solo imparare, prendere idee. Quella di Fabriano, ad esempio della mia amica Cantaluppi. È una mia amica, fa ottimo lavoro. Una sua atleta è stata a Tokyo».
Torniamo alla Puglia. Dalla sua medaglia a oggi. Come è cambiato il mondo della ritmica?
«Negli ultimi 10-15 anni c’è stato un grandissimo miglioramento. Qui a Bari hanno partecipato ai campionati tre società, una in A e due in B. È un grande risultato, non posso che essere fiera di questo. Ai miei tempi non era così. Ho visto ragazze molto interessanti, tutte dotate. Io ero una sorta di pecora nera in senso largo del termine. C’ stata crescita a livello mentale, di tecnici e ovviamente di ginnaste. Tre società... Se si pensa che non ne avevamo nessuna».
C’è il rischio che le migliori vadano via, come accade spesso nel nuoto?
«Può accadere quando una ragazza molto forte non trova spazi per allenarsi, o gli impianti sono inadeguati, o gli allenatori non sono adeguati. A me successe questo. Ora mi sembra sia molto più difficile che possa accadere. Questo palazzetto è splendido, ad esempio».
L’Iris di Giovinazzo è un po’ la stella polare qui al Sud?
«Credo sia la migliore, al sud ce ne sono poche. Qui in Puglia è un modello da seguire».
C’è una piccola Falca che cresce?
«Non voglio sbilanciarmi, ma ci son tante ragazze carine e brave, le ho osservate con molta curiosità e attenzione. La verità è che è difficle durare nel tempo. Avevo puntato, anni fa, sulla Cantatore, dell’Iris. Bravissima, in grado di arrivare in alto. Poi, però, non so cosa possa essere successo. Ma voglio tornare al discorso iniziale. Devi avere grande forza mentale, essere consapevole di dover fare tante rinunce. Qui non ci sono soldi, non ci sono contratti milionari. Ci sono semmai il cuore, la passione, la grinta. Farfalle sì, ma toste. Auguro loro una splendida carriera».