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Ciak Selvaggi, l'amara sorte del «non attore» sotto il Festival

 
Alberto Selvaggi

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Alberto Selvaggi

Bari, Valeria e il respiro del Mediterraneo: Golino premiata al Bifest

Valeria Golino, tra i protagonisti del Bif&st

«Chi te l’ha fatto fare di pensarti attore, o regista, quando eri un uomo ancora, e fine? Eppure hai tanti amici, hai provato con i contatti di ognuno di loro a trasmutarti in sorriso da grande schermo 3D»

Venerdì 03 Maggio 2019, 10:20

Avanti, coraggio, vieni qui accanto a me. Seduto su uno dei cippi omosessuali che orlano il Petruzzelli, stai affranto come un salice e pensi. Sei un non-attore, che non è una figura integrata nella società qualsiasi. Sei un essere che, per insufficienza toracica interiore o altro motivo, darebbe in fitto la mano sinistra pur di sedersi in trono al pubblico della cinematografia.
E senti il corvo di Edgar Poe gracchiare sul tuo fantoccio senza faccia: nevermore, nevermore, mai più. Mentre il Bif&st ti passa addosso con tutti quei non-colleghi famosi e ricchi che ridono. E, anche se ancora carino, pensi di aver perso la partita.
Non sei solo, figlio: suggi alla mammella dei derelitti. Chi te l’ha fatto fare di pensarti attore, o regista, quando eri un uomo ancora, e fine? Eppure hai tanti amici, hai provato con i contatti di ognuno di loro a trasmutarti in sorriso da grande schermo 3D. Finché lo schiaffo di questo festival del cinema ti ha strappato dal viso la maschera di proiezione illusoria che avevi modellato di te.


Il peggio è venuto l’altra sera, durante la premiazione al Petruzzelli. Hai visto la capa bionda riccia di Valeria Golino trotterellare lungo il parterre su tacchi 17 centimetri; Marina Confalone, Ricky Tognazzi, e passi, va bene. Ma è salito sul palco a bere flash anche Alessandro Gazale, dalla Sardegna Padre padrone eccetera, uno che fa l’insegnante di educazione fisica, e a quel punto no, ti si è rotto qualcosa dentro. Non potevi essere tu in quelle scarpe e in quel completo blu niente? Perché tu no e lui sì? Quante volte te lo sei domandato, quanto hai imprecato pure se non sei un tipo aggressivo. Così proprio mentre il Bif&st strapazza il sole di primavera, precipiti in te, senti sibilare quel becco corvino: nevermore, mai più, porca miseria. E intoni il «De profundis» dal carcere dell’anonimato.


Non sei manco dentista, che so, capodipartimento alla Regione Puglia, commercialista che non sgraffigna, un avvocato dei 7.000 che va con le pezze, che nessuno si fila, ma può dire almeno, «sto nell’Avvocatura barese». O leccese, foggiana, quella che sia. Sei una pera appesa percorsa da verminose insidie che si ritrova a desiderare come gli altri l’aura che gli uomini non hanno e che circonfonde gli attori. Perché gli attori sono film delle persone. Membra ridisegnate da sceneggiatori, costumisti, truccatori, piegate a una regia che evoca realtà immaginose. Appannaggi dei nostri racconti inutili che si fanno mito e ci lasciano vivere alleviando il rigore di morte.


Avresti voluto tanto cambiare pelle, essere o non essere diverso, entrare in un ambiente in cui si recita gli uni con gli altri, a cominciare da se stessi, in cui si finge dal risveglio alla sera, armonizzando il falso col vero. Avresti voluto tanto calarti nell’essenza del radical chic che altera ogni cosa, perfino i sentimenti, e pronunciare in pubblico vasti pensieri di niente.
Povero figlio, quanto ti capisco. Che ne sa la gente del tuo lavoretto teatrale portato a zonzo firmando contratti pasoliniani da accattone con lunghe pause a singhiozzo? Che ne sa Simona Izzo che sgusciava dal Multisala Galleria per correre a cena Ai 2 Ghiottoni del corto molto corto che hai girato vincendo un premio internazionale per ignoti a Pisa? Hai visto avvicinarsi dall’Hotel Oriente al Politeama, isolato seguente, gli occhi in bizze di Giuliana De Sio, a braccetto con Ennio Morricone e la moglie Maria: non sanno che esisti. Che ne sanno delle tue anticamere negli assessorati, delle nocche incrinate sulle porte di Apulia film commission? Dei book ritoccati con vanagloria, raccomandazioni ai casting, provini cine e televisivi, dei programmi radio a pane e pesce, delle comparsate nei film italianesi, crudelmente resecate dal montatore a ridosso dell’uscita? Quella è gente che non piange, e tu ora piangi con me, se la vita è un palcoscenico e ti spettano terz’ordine e platea. Mentre il corvo spiega le ali e volteggia sulle spoglie di quelli che mai furono vivi guardando vivere.

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