Giovedì 16 Ottobre 2025 | 16:53

Da Bari a Milano seguendo l'«alta marea»: la musica di Evra è una continua ricerca interiore

Da Bari a Milano seguendo l'«alta marea»: la musica di Evra è una continua ricerca interiore

 
Bianca Chiriatti

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Bianca Chiriatti

Da Bari a Milano seguendo l'«alta marea»: la musica di Evra è una continua ricerca interiore

Dai locali underground ai grandi palchi come corista di Rose Villain: oggi la cantautrice pugliese torna con un nuovo singolo. E ha le idee chiare: «Mi prendo il mio tempo, pubblico quando ho in mano qualcosa che mi rappresenta davvero»

Giovedì 16 Ottobre 2025, 12:19

12:52

La profondità testuale del cantautorato italiano e le sonorità R&B: due mondi che sembrano lontani, ma che si incontrano nella musica di Evra, cantautrice e musicista barese classe '99, «emigrata» a Milano, ma cresciuta nel quartiere di Poggiofranco. Claudia Cuccovillo, questo il vero nome, si sta costruendo un percorso artistico che la rispecchia, credibile e molto personale: la scorsa settimana è uscito «alta marea», l'ultimo singolo, che arriva dopo due anni dall'EP «Ciò che cerco di nascondere» e racchiude un po' la «guerra interiore» che ha attraversato tre anni fa, quando ha scelto di lasciare la Puglia. E il sogno della musica nelle ultime settimane l'ha anche portata a calcare palcoscenici importanti, dall'Arena di Verona all'Unipol Forum di Milano, come corista per il tour di Rose Villain. La Gazzetta ha incontrato Evra per scoprire qualcosa di più sul suo «viaggio» musicale, storia di vita, emozioni e introspezione.

Partiamo proprio da qui, cosa ti ha spinto ad andare via da Bari?

«Ho colto l'occasione per trasferirmi a Milano perché avevo firmato un contratto editoriale con Sugar Music Publishing, questo è stato lo slancio. Da qui ho iniziato a portare in giro il mio progetto dal vivo, in una forma abbastanza underground, in piccoli locali. È vero, dal mio primo EP sono passati un paio d'anni, ma dopo quel lavoro avevo bisogno di capire come proseguire e che suono dare alle mie canzoni. Ho conosciuto quelli che sono diventati i miei musicisti, e insieme a loro abbiamo iniziato a costruire una sonorità tutta nostra, sia dal vivo che nelle produzioni. Mi piace immaginarlo come un lavoro molto lento, ma studiato».

Del tutto diverso rispetto al panorama odierno, in cui non ci si ferma mai...

«Io ho deciso di pubblicare solo quando ho in mano qualcosa che mi rappresenta davvero. È vero, c'è sempre la paura che le persone che ti ascoltano si possano "dimenticare" di te, o che le piattaforme ti ignorino. Ma ho deciso di prendermi il mio tempo per avere qualcosa di concreto da dire. E ho iniziato anche a raccogliere stimoli: sto studiando molto, ho fatto tanti lavori diversi per mantenermi, e ho iniziato a insegnare canto. C'è un percorso intorno ai miei brani, e queste esperienze mi hanno dato la spinta per tornare a pubblicare».

Sono tutte basi che stai piantando per costruire il tuo «giardino artistico». E tra questi «fiori» c'è Rose Villain, che ti ha scelto per accompagnarla in tour fra le sue coriste. Come è iniziata questa collaborazione?

«È nato tutto in modo molto casuale, dopo aver conosciuto una persona del suo team durante una jam session. Abbiamo iniziato con le date promozionali dell'ultimo album di Rose, "radio vega": era la mia prima esperienza come corista, non sapevo cosa aspettarmi. Ho posticipato tutte le mie uscite per dedicarmi a questo, poi è arrivato il tour estivo. Ed è stata un’esperienza meravigliosa: ho capito che funziono anche come corista, fino a quando non sperimenti non sai se può essere il tuo mondo. Ho conosciuto una squadra di persone bellissime, dai musicisti a tutto lo staff, abbiamo suonato in tutta Italia, e da pochi giorni è finito il tour autunnale: cantare al Forum di Milano è stata un'esperienza pazzesca».

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È senz'altro qualcosa che ti porterai dietro nel tuo percorso, che oggi con «alta marea» dà il benvenuto a un nuovo capitolo...

«Subito dopo il tour ho pensato di riprendere in mano il mio progetto personale. Ho tanta roba da pubblicare, e ho cominciato con questa canzone, che racconta il mio percorso e il trasferimento da Bari a Milano. È stata scritta poco prima di andarmene, descrive quella guerra interiore tra il “lo faccio o non lo faccio?”. Prima d'ora avevo sempre vissuto a Bari, tranne un anno che ho passato a Bologna per studiare musical, anche se ho capito che non era la mia dimensione principale. Poi durante la pandemia ho iniziato a scrivere e produrre pezzi da sola, a distanza. Ho conosciuto online i miei primi produttori, così è nato il mio primo EP. Io suono anche, ma solo quando serve. Suonare con musicisti più bravi di me arricchisce il progetto, soprattutto nel live».

A proposito, ci sveli cosa significa il nome “Evra”?

«È il nome di un gin. Cercavo uno pseudonimo che separasse la mia parte personale da quella artistica. Ho visto la bottiglia in un locale a Bari e ho deciso di provarlo: funziona, e ora è diventato naturale anche per gli altri chiamarmi così».

Nel tuo curriculum c'è anche una partecipazione a X-Factor, nel 2016...

«Sì, ero molto giovane, avevo 17 anni. Sono arrivata ai bootcamp, ma è stata un’esperienza fatta nella totale incoscienza, non sapevo realmente cosa fosse la tv. Da lì ho continuato a studiare canto e fare musica».

Già allora nella tua voce si sentiva (e continua a sentirsi) l’influenza R&B. Chi sono le tue ispirazioni?

«Ho scoperto Amy Winehouse da piccola, e mi ha influenzata moltissimo, “Back to Black” e “Frank” sono dischi che ho consumato. Poi il cantautorato italiano, Carmen Consoli, Pino Daniele, Lucio Dalla, Silvestri. E più tardi mi sono aperta alla scena R&B internazionale, Jorja Smith, H.E.R., Jazmine Sullivan... Nelle mie cose cerco di fondere tutto, la scrittura in lingua italiana, con la sua attenzione ai testi, e queste sonorità più soul e R&B, ma sempre con un’anima pop, a cui mi sento molto vicina. Continuo a scrivere e a sperimentare, cercando la mia identità musicale, senza sapere dove mi porterà. Voglio divertirmi facendo musica».

La tua famiglia ti supporta?

«Sono molto felici per me. Quando ho comunicato che sarei andata in tour con Rose è stato bellissimo per loro, ma la cosa che li ha resi davvero orgogliosi è stata vedermi in tv all'Arena di Verona, su Rai 1. Forse lì hanno anche capito quello che faccio, soprattutto i più "anziani". È bello perché io sono andata via da Bari senza sapere davvero cosa avrei fatto, la mia famiglia non ha nulla a che fare con la musica. Ora che è finito il tour, ho pensato che posso permettermi una pacca sulla spalla e dirmi "brava": sto facendo cose grandi, me ne sono resa conto dopo».

Il bilancio, insomma, è più che positivo. Adesso cosa ti auguri?

«Questo ambiente è complesso, ma a me piace la musica, e spero di continuare a farla divertendomi. Qualsiasi cosa succeda, so che farà comunque parte della mia vita. Che sia un lavoro, che io continui la carriera da corista (ho scoperto che mi piace moltissimo), o che scriva ancora pezzi miei, la mia passione è genuina. L'esperienza con Rose mi ha insegnato anche a vivere il palco con molta più naturalezza. E forse è proprio questa la chiave, nel momento in cui sei sereno e fai la tua musica senza preoccuparti, allora la strada è quella giusta. Quindi questo spero, continuare a suonare, vivere la mia passione».

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