MELPIGNANO - Il palcoscenico de La Notte della Taranta, profondo 20 metri e largo 35, è pronto a Melpignano dove domani si accenderanno i riflettori del Concertone per oltre 100mila spettatori. Stasera, la grande vigilia scalderà i tamburi per il pubblico pronto a radunarsi per seguire le Prove in attesa dell’evento che stamattina è stato presentato alla presenza degli ospiti di questa edizione: Angelina Mango, Geolier, Ste, Gaia, Shablo, Laccio, Emilio Isgrò ed Enza Pagliara, ambasciatrice della tradizione musicale, in rappresentanza di tutto il Corpo Artistico La Notte della Taranta. La Pagliara è portatrice di un mondo che ha radici nei canti di quanti sono stati padri e figli di una terra di vocazioni come la sua.
Come vive questa edizione dedicata alla «Responsabilità»?
«L’atteggiamento col quale mi approccio alla musica tradizionale è ecologico, mi piace impastare la tradizione lasciando sempre da parte una massa che è in grado di riprodurre altre opere, come il lievito madre che offre un pane sempre buono. Dobbiamo tener conto del tempo ancestrale in cui non c’era la musica scritta, ma c’era un legame fortissimo con la nostra umanità.»
Cosa significa oggi salire su questo palco?
«Responsabilità, bisogna fare molta attenzione a quello che si porta in dono e a come si porta la tradizione, diventa un modello per i giovani, bisogna valorizzare il nostro repertorio mettendo semini nel cuore dei bambini per far conoscere loro i canti della nostra terra. La cosa più importante è partire come se stessimo facendo una ronda in mezzo alla piazza dove c’è una condivisione orizzontale della musica, il palco ha pro e contro. Quando ho cominciato a suonare, nel ‘93, eravamo in pochi a conoscere il repertorio, siamo riusciti a mantenere il contatto, a trasmettere. Abbiamo fatto tornare questa musica di tutti dove ognuno è protagonista e per questo ho concluso la tappa del festival dedicata a Giovanna Marini cantando col pubblico Bella ciao.»
Quali tra le voci che mancano ricorda con maggiore affetto?
«I cantori Uccio Bandello, Uccio aloisi, Niceta e anche tante cantrici che sono vive e che non hanno avuto la possibilità di essere conosciute. Oggi, tuttavia, ci sono artisti che portano avanti la tradizione salentina nel mondo, ambasciatori che mi mancano sul palco. Sarebbe bello condividere le emozioni di domani con loro, cantare negli occhi delle persone che hanno condiviso questo sogno quando questa musica non interessava a nessuno.»
Com’è stata la collaborazione con Shablo e gli artisti ospiti di quest’anno? Cosa canterà domani sera?
«Uno scambio di visioni, prezioso nel workshop di preparazione dello spettacolo. Io canterò un brano in arbereshe, Lule lule, e poi un brano dell’area tarantina, La pizzica di San Marzano. Altri brani saranno condivisi con l’Orchestra, sono stata incaricata da Shablo di coordinare le voci, abbiamo stabilito insieme la scaletta, ognuno ha potuto scegliere. Ieri ho visto le prove di Gaia e mi ha incantato il suo modo di cantare e interpretare il Salento.»
Come si gestisce un palco così importante?
«Non c’è un vero e proprio rito scaramantico, prima di andare in scena faccio chilometri su e giù nell’area artisti, non riesco a fermarmi, ho questa adrenalina da ferma mi ammazza, poi magicamente appena metto piede sul palco tutto diventa calmo, tutto diventa bello. Magia.»