Sanremo 2021, Arisa: «Porto sul palco anche il legame con la mia Basilicata»
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Bianca Chiriatti
18 Febbraio 2020
foto Simone Cecchetti
Il tour di presentazione dell'album "Sumo" farà tappa anche in Puglia, venerdì 21 febbraio, a Conversano (Ba) alla Casa delle Arti: protagonista della serata è il duo Il Management (già noto come Management del Dolore Post-operatorio), composto da Luca Romagnoli (voce e testi) e Marco Di Nardo (chitarra e composizioni). Abbiamo raggiunto telefonicamente Luca per farci raccontare qualcosa sul nuovo lavoro discografico, anticipato dal video e singolo “Come la luna”, che ha totalizzato oltre mezzo milione di streaming e che ha posizionato stabilmente il Management nelle più rilevanti playlist e classifiche digitali.
Siete ormai veterani del palco, come vi sentite ad affrontare questo nuovo giro sui palchi di tutta Italia?
«È la prima volta che ci fermiamo così a lungo per scrivere un disco, sono passati due anni. La data zero che abbiamo fatto a Pescara, in casa, è stata emozionante come se fosse il nostro primo concerto. Ora siamo in fase di concentrazione: abbiamo cinque dischi da portare in giro, raccontiamo la nostra vita amalgamando brani da tutti gli album, presentandoli spesso in una nuova veste, con nuove sonorità, o come li suonavamo ai vecchi tempi. È un esperimento interessante, ci sono molti momenti con svariati stili musicali. Abbiamo deciso di far parlare le canzoni, senza provocazioni, monologhi o gesti plateali: solo i brani e qualche bella parola con il pubblico. In un'epoca in cui si sta parlando troppo di cose al di fuori della musica, vogliamo cantare e far parlare le canzoni al nostro posto. In fondo dovrebbe essere questo il mestiere di chi fa musica»
Una scelta quasi anticonformista
«Noi siamo sempre stati i primi, abbiamo provocato tanto, oggi lo fanno tutti, ma spesso senza contenuti. Questo è il nostro umile e silenzioso gesto di protesta: fare il contrario di quello che abbiamo sempre fatto, stare zitti e far parlare la musica»
Chi è il pubblico del Management?
«Abbiamo abituato sempre il pubblico ad aspettarsi qualsiasi cosa da noi: l'arte è cambiamento, la vita è cambiamento. Vogliamo essere coerenti con noi stessi e con la nostra sincerità di esseri viventi che vogliono raccontare quello che sentono in quel preciso momento. Il pubblico è variegato, con ogni disco l'abbiamo diviso, abbiamo preso persone nuove, poi ovviamente c'è chi è sempre rimasto. È di tutti i tipi, di tutte le età, però l'abbiamo scelto perché non li abbiamo mai presi in giro: qualcuno ci ha abbandonato, ma in tanti ci vogliono bene»
La scelta di pubblicare la cover di "Un giorno dopo l'altro" di Tenco da cosa deriva?
«Eravamo in studio con Nicola Ceroli, nostro caro amico nonché ex batterista, che stava lanciando il suo progetto solista. Ci è venuta voglia di fare qualcosa insieme, visto che ci conosciamo da sempre e abbiamo una grande passione per il cantautorato italiano, quindi abbiamo scelto questa canzone stupenda, molto moderna come scrittura armonica, e l'abbiamo ripresentata senza stravolgerla, senza cambiare le parole. I grandi artisti secondo noi vanno rispettati, non violati, l'abbiamo riproposta abbastanza fedelmente ma con sonorità nostre, è un omaggio delicato a una personalità che abbiamo sempre amato. E poi mi ha sconvolto scoprire che molta gente non sa chi sia Luigi Tenco. Noi lo diamo per scontato ma non è così»
Con quest'album siete finiti a Napoli: cosa vi lega al Sud?
«Intanto da abruzzesi amiamo definirci persone del Sud, ci onoriamo di appartenere al Meridione d'Italia come popolo, modi e categoria mentale. Napoli è una città che abbiamo sempre amato, siamo arrivati in questo studio (Auditorium Novecento, nuovo nome dello storico studio della Phonotype Records, ndr.) dove abbiamo saputo che erano passati Totò, De Filippo, Roberto Murolo, i miti del cinema e dell'arte napoletana che hanno reso l'Italia famosa nel mondo. Ci siamo emozionati e sentiti responsabili di un certo tipo di bellezza, come se ci avessero passato un testimone. Abbiamo sentito il dovere di impegnarci il triplo, di fare una cosa bella. Napoli è una città euforica, ma porta con sé una certa malinconia nell'affrontare certe tematiche, come l'amore e l'arte. È un tipo di esperienza che ha segnato questo disco»
Un giudizio sul panorama italiano musicale del momento?
«Credo ci siano tantissime cose belle. Non mi piace, però, questo nuovo atteggiamento in cui l'estetica, l'accessorio, la foto, contano di più dell'essenza musicale e rischiano di superare l'importanza dell'opera e della canzone in sé. È una fenomenologia che lentamente sta distruggendo i contenuti. La mia speranza è che ci siano giovani che vogliano distinguersi parlando solo di arte e mettendo al centro la musica. Sono sicuro che succederà»
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