Sabato 06 Settembre 2025 | 06:31

A Melpignano la Taranta «urban» di Shablo abbraccia le generazioni: il racconto del Concertone. I dati d'ascolto, share del 9%

 
Bianca Chiriatti

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Bianca Chiriatti

Esplode la folla per Angelina e Geolier. Gaia studia il dialetto e convince. Tutto condito dalla magistrale Orchestra e da coreografie travolgenti

Domenica 25 Agosto 2024, 07:51

12:43

MELPIGNANO - «La pizzica di Shablo batte a cassa dritta». Sarebbe stato facile per il maestro concertatore dell'edizione 2024 rispettare questo stigma e disegnare la sua Notte della Taranta sulle corde e atmosfere che lo hanno fatto arrivare nell'Olimpo dell'urban, genere oggi ai vertici di ogni classifica. Invece Pablo Miguel Lombroni Capalbo - questo il vero nome del dj e producer 43enne italo-argentino - nelle tre ore di Concertone che ha infuocato il piazzale dell'ex Convento degli Agostiniani di Melpignano è riuscito a fondere la tradizione di tutti i 27 anni dell'appuntamento più atteso dell'estate salentina con suoni moderni e accattivanti, mai fuori luogo o «irrispettosi», dando massima espressione al tema di quest'anno, «Generazione Taranta».

Una parola, «generazione», che ha preso vita sul maestoso palco nella piazza stracolma, quest'anno promossa in diretta tv su Rai 3 (i dati d'ascolto parlano di un ottimo 9,01% di share, è il terzo ascolto della serata con oltre un milione di spettatori, e in contemporanea c'erano anche le partite). Canti tradizionali, colonne portanti della cultura del Salento, eseguiti dalla magistrale Orchestra Popolare diretta dal maestro Riccardo Zangirolami e mescolati con giovani voci tra le più apprezzate del panorama attuale, quelle di Angelina Mango, Gaia, Geolier e Ste, insieme alla chitarra di Luca Faraone. Tutti capaci di trasmettere un tocco contemporaneo senza stravolgere l'emozione e l'anima di quella musica, che a Melpignano, in tv e sui social ha unito gente di tutte le età, colori, provenienze geografiche, una tavolozza variopinta come la scenografia arricchita dalle «cancellature» di Emilio Isgrò.
La conduzione della diretta Rai è affidata a Ema Stokholma: in scaletta trenta brani d'amore, protesta e lavoro, con ritornelli noti che si susseguono incalzanti. Si parte con l’energia corale della Pizzica di Aradeo e quella di Sannicandro, affidata alla voce di Giancarlo Paglialunga. L’arbëreshë arriva sul palco con Manushaqe e Salvatore Galeanda, per poi lasciare il posto alla Pizzica di Copertino interpretata dalle quattro straordinarie voci femminili dell’Orchestra, Alessandra Caiulo, Consuelo Alfieri, Enza Pagliara, Stefania Morciano.

La travolgente Pizzica di San Marzano di Pagliara, che balla scalza e fa scatenare la piazza, lascia poi il posto alla prima ospite della serata, Angelina Mango. Talentuosa nel canto e nella danza, l’essere cresciuta nella vicina Basilicata le rende ancora più naturale la pronuncia in dialetto: «Sono nata a poca strada da qui - confessa alla fine della performance di Su Picculina - spero di essere all’altezza di questo palco gigante». Non solo ne è all’altezza: lo divora, sembra nata con la pizzica nel sangue, e anche la nuova versione del brano vincitore di Sanremo, La Noia, cumbia con un inizio quasi acustico e virtuosismi tecnici, lo conferma.

I suoni degli arrangiamenti del maestro Shablo si susseguono e valorizzano gli strumenti a corda (nel sound generale di quest’anno non c’è la predominanza di tamburelli e percussioni). Nella parte centrale dello show si concentrano le «hit» della Taranta: la Pizzica di San Vito, Lu Rusciu te lu Mare con le vibrazioni di Antonio Amato che trafiggono anche i meno amanti del genere popolare. La Pizzica di Villa Castelli di Alessandra Caiulo, la scatenata Pizzicarella dove il talento, l’energia e il cuore della voce di Stefania Morciano raggiungono il culmine. Consuelo Alfieri incanta con L’acqua te la funtana, accompagnata dalla chitarra di Luca Faraone, e manda il pubblico in estasi.

Geolier sale sul palco in tuta per un breve medley con Grazia/M Manc, e una versione del brano sanremese I p’me, tu p’te, senza differenze dall’originale. Alle prove generali non si è presentato, facendo storcere il naso a più di qualcuno, ma l’impatto con il pubblico è sempre impetuoso. La parte centrale del Concertone si chiude con Klama, in griko, e il tango Malachianta, con una delle dodici coreografie messe in piedi da Laccio, «quadri» d’unione tra i suoi sei danzatori e la compagnia popolare: non si distingue chi appartenga a quale gruppo, l’esperimento è riuscito.

Gaia è il diamante della terza parte della serata: ha studiato, lo si percepisce nell’intenzione e nella pronuncia dialettale dolce e scivolata, tradita dal suo sangue brasiliano. La versione di Menamenamo’ è uno dei momenti più brillanti di tutta l’edizione: «È grazie a questo pubblico che una tradizione si mantiene così forte: ho trovato integrazione e sperimentazione», commenta prima di Chega. I cori su Aria Caddhripulina di Antonio Amato si sentono anche dai paesi limitrofi, prima di dare il benvenuto alla strepitosa voce di Ste, Stephani Ojemba, il soul che incontra Napoli con la Tammurriata Nera e il brano appena uscito, Lose Control, con la purezza della produzione di Shablo.

Sul finale ancora l’arbëreshë con Lule Lule e la complessa Ec Ec, sublime nell’esecuzione di Morciano. Poi Mamma la Rondinella, la Taranta di Lizzano e Fuecu, sulle note di Faraone. Si chiude come ogni anno con Kalinitta, abbraccio collettivo e appuntamento al 2025. Chi storceva il naso alla vigilia, sappia che le sonorità di questa edizione hanno fatto appassionare anche chi non è avvezzo al genere. E questo vi basti, per ‘sta notte.

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