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Gli scatti «critici» di Lucas, Bari raccontata a passo lento

 
Pietro Marino

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Pietro Marino

Il percorso del grande fotografo tra storie e frammenti urbani

Martedì 29 Marzo 2022, 11:47

14:05

È dedicata tutta a Bari e ai suoi abitatori, con sguardi di affetto critico, la rassegna di fotografie di Uliano Lucas che si inaugura oggi nel Museo Civico. Con una settantina di immagini in rigoroso bianconero scattate dal 2007 al 2021, l’anziano maestro della fotografia sociale italiana (Milano 1942) riassume il senso del suo lungo incontro con una particolare vicenda urbana del Sud. Sguardi gettati «a passo lento» – scrive, forse ricordando il Petrarca del Canzoniere o Il pensiero meridiano di Franco Cassano. Costruisce un percorso riflessivo organizzato per gruppi di immagini su «storie e frammenti di Bari» (titolo della mostra). Partono dalle «arterie che costeggiano il mare» con i «marmi bianchi della Bari del ventennio fascista» per inoltrarsi nei quartieri della città nuova, dai palazzi anonimi di Japigia e Madonnella al centro murattiano – riflessi di vetrine di via Sparano fra Laterza e la Moda, il surreale cavallo che lievita fra le palme di corso Vittorio. E via via «verso l’enclave del quartiere Libertà» divorato dalla «bulimia delle case» e le periferie desolate, sino allo squallore del San Paolo osservato dalle spalle larghe della statua di Padre Pio. «Spazi stratificati dal tempo, città nella città». Ma anche spazi del vuoto, ombre lunghe che si distendono sotto il Faro. Sguardi attenti ai terminali e ai gangli nervosi del percorso – la nuova stazione ferroviaria, l’aeroporto col suo accenno di metropolitana, il porto sbarrato da una nave da crociera, i trenini della Sud Est.

Una Bari quindi senza monumenti e senza folclore identitario, senza ricci focaccia e polpi, senza reti di pescatori. Senza nemmeno San Nicola se non in apparizione da street art al sottopassaggio di Quintino Sella. Protagonisti semmai sono i cittadini. La gente che affolla il mercato nella Manifattura, le matrone sui balconi del Libertà, l’extracomunitario che solleva il suo piccolo (sarà nato a Bari, presumo), gli studenti in pausa sui blocchi di piazza Battisti, i ragazzini incuriositi di Bari vecchia. Il capoluogo della Puglia non sembra a Lucas «un paese per vecchi». Piuttosto emblema di una società in movimento e in trasformazione – anche se non sa perché e verso dove. Metafora riassunta dall’uomo che sfreccia in monopattino dentro un tunnel anonimo, riconosciuto solo dalla didascalia.

Immagine per questo riprodotta sulla copertina del catalogo edito da Adda. A sottolineare una lettura problematica, per la quale Lucas conferma - con qualche tocco di tenerezza indulgente o rassegnata in più - il «punto di vista» che gli conferì notorietà nazionale sin dagli anni Sessanta. Quello della contestazione al sistema di società italiana e della riscoperta della questione meridionale (resta iconica nella storia della fotografia italiana la sua immagine 1968 dell’emigrante sotto il Pirellone, cartone in testa e valigia in mano). Un realismo inquieto, fondato su tagli obliqui di visione o dal basso in alto e viceversa, con ricerca di sintesi compositive dove l’eco della grande fotografia americana degli Strand e dei Friedlander si stempera in solidarietà ravvicinata con i suoi soggetti – da «fotografo di strada», come ama definirsi con evidente understatement.
Così la mostra, nata dopo anni di difficile gestazione, riprende a segnalare il rapporto di Lucas con Bari, a forzata distanza da quella dedicata alla Puglia che tenne nel 2010 nella sala Murat. Allora furono ricordate, anche con un libro, le tappe di «buoni incontri» nutriti di utopie e di impegno. Come scrive Maruzza Capaldi in catalogo.

Fu infatti l’operatrice barese appassionata di fotografia a cercare nel 1979 Lucas a Milano, dove curava la mostra di fotografie di Franco Pinna sulle «terre del silenzio», esplorate con Ernesto De Martino nel corso di una storica ricerca antropologica nel Sud. Lo indusse a portarla l’anno dopo a Bari, nella galleria «Il Fante di Fiori» da lei gestita. Ne seguirono una serie di inchieste e mostre baresi (come «L’Informazione negata» nella Pinacoteca di Bari 1981, i Centri di salute mentale in Puglia 1998, lo studio sul quartiere Libertà di Bari 2007), per le quali altri «compagni di strada» si aggiunsero. In primis Nicola Signorile, giornalista (anche in “Gazzetta”) e studioso di architettura e Arturo Cucciolla, l’architetto e storico di architettura scomparso nell’agosto del 2021. La vicenda che ha segnato non poco la cultura della visione a Bari e in Puglia viene giustamente rievocata, oltre che da Maruzza Capaldi, da un video in mostra. In catalogo è anche reso omaggio a Cucciolla con una sintesi da due suoi saggi del 1980 sui piani per Bari, elaborati, mancati o traditi. Mentre Signorile mette in scena una silloge visionaria di scritti di autori vari, che da Bari si allargano alle Città ideali. In mostra ne sono estratti «frammenti» a commento delle immagini.

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