«Io vorrei andare via di qui, lasciare questa maledettissima strada. Sono arrivate delle nuove ragazze, più giovani, che hanno cominciato a battere da tre settimane. Attirano più clienti. Sono temerarie, lo fanno senza “guanto” e ogni tanto una resta incinta. Il virus fa paura, usano le mascherine ma nella intimità i clienti gli chiedono di toglierla. Gira voce che a breve si prenderanno altri pezzi strada e insieme a via Glomerelli le nuove passeranno su via Buozzi e forse anche su via San Giorgio Martire». Codrina (nome di fantasia per garantire l’anonimato della ragazza) è giovane ma ha una età indefinita, potrebbero essere 20, 22 oppure 30 anni e non farebbe molta differenza.
In piena città - Siamo nel perimetro del sesso a pagamento più interno alla città, tra il Quartierino e Stanic. Lontani da stadio, lungomare di San Giorgio e complanari. Codrina ha un’agguerrita «concorrenza». « Più sono giovani e più fanno soldi - racconta - . Io cerco di starmene per i fatti miei, non mi lascio mettere in mezzo. C’è un giro controllato da uomini, dicono siano una quindicina, quasi tutti romeni, alcuni molto cattivi, sono i loro “fidanzati” ma a volte un uomo ha più donne. Ci sono degli italiani ma sono “muncà” (che in rumeno vuol dire manovalanza, ndr), gente che si mette a disposizione per fare dei servizi e vive degli scarti del giro. Finito di battere le ragazze vengono portate a casa, ci sono degli appartamentini presi in fitto vicino la Chiesa Russa dove vivono insieme anche uomini e donne. Io sono fuori da quel giro e tra un mese me ne vado, cambio strada e se ci riesco cambio città».
Codrina ha il suo pezzo di marciapiede in zona Stanic ma a volte si sposta, non vuole finire in mezzo a quel giro che dice «si sta ingrandendo e c’è gente dura». Forse anche lei ha il suo «protettore» (o aguzzino) ma non lo dice. Per 20 euro sta con te per quindici minuti e racconta un pezzo della sua vita sulla strada.
Tra fazzoletti e preservativi - In Strada vicinale Glomerelli la gente non si è abituata alla presenza delle ragazze e dei loro «ricottari». Né si è abituata all’immondezzaio creato in particolare in fondo alla seconda traversa di questo budello di asfalto in una periferia industriale che ti porta da via Bruno Buozzi fino a via Giuseppe Tatarella. «C’è sporcizia, ci sono carte, ci sono preservativi, c’è abbandono, qui le ragazze portano i loro clienti e lasciano i resti di quello che fanno» racconta Giacomo un operaio che sta uscendo dal deposito di una impresa che vende tubi e chiusini di ghisa «Io non lavoro qui, vengo per comprare - prosegue - È una zona dove ci sono soprattutto officine, autodemolizioni, imprese di vario genere ma anche quartierini abitati da diverse famiglie».
I fruttivendoli - A metà di Strada vicinale Glomerelli, accanto ad un centro di autodemolizioni e recupero metalli, espongono la loro fresca mercanzia due fruttivendoli, marito e moglie, un po’ avanti negli anni. Lasciano banco, tavolini, sedie ed espositori in un piccolo prefabbricato «Da dove ogni tanto le nostre cose spariscono - si lamentano - Non di rado ci ritroviamo le nostre sedie, le nostre cose dove le ragazze si fermano. È un disagio che ci preoccupata e ci disorienta». Storie di ordinario disagio in una periferia dove degrado, incuria e prostituzione convivono agli angoli delle stesse strade, compresse negli stessi vicoli ciechi. Il disagio visto dalle finestre degli uffici e delle case. Raccontato sui social network così come nelle chiacchiere della gente che in questo quartiere vive e lavora e dove più che le puttane fanno paura i loro sfruttatori.