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Nicola Simonetti
13 Settembre 2019
Bruciore e dolore agli occhi, secchezza, arrossamento, lacrimazione eccessiva, sensazione di corpo estraneo, visione offuscata, fotofobia, riduzione della capacità di lettura e di guida, un insieme di disturbi che portano il medico a diagnosticare la “malattia da occhio secco“, una patologia-malattia cronica divenuta sempre più frequente anche nei giovani. Applicazione eccessiva ai videoterminali (più di 5 ore complessive al giorno), età avanzata, aria condizionata, lenti artificiali, eventuali terapie mediche o chirurgiche sono alla base della patologia che, con il tempo e non curata, diventa cronica.
Nonostante l’aumentata frequenza (ne soffre 1 persona su tre), ancora oggi, la presa in carico di questa patologia risulta difficoltosa. Una recente indagine a campione, ha rilevato che 62% degli intervistati ha dichiarato di essersi rivolto ad almeno 2 specialisti per avere una soluzione soddisfacente. La patologia: ne soffre 1 persona su 3 e ognuno dei sintomi indicati – dice il prof. Pasquale Aragona (università, Messina) può, di per sé, già limitare notevolmente la vita quotidiana di chi ne soffre: se si considera il fatto che essi spesso si verificano contemporaneamente, è facile capire come la situazione possa generare nei pazienti anche ansia e depressione, come emerso in alcuni studi internazionali sul tema”. Il sesso femminile, per fattori ormonali, è più esposto alla malattia specie in post-menopausa (riduzione del testosterone).
L’occhio secco veniva, prima, considerato semplice disturbo temporaneo e come tale trascurato e non curato, con il rischio di andare incontro nel tempo a problematiche più gravi, oggi, grazie alle raccomandazioni degli oculisti, i pazienti sono più informati e stanno acquisendo una maggiore consapevolezza. “Questo tipo di consapevolezza è fondamentale per poter gestire nel modo più corretto ed efficace la problematica che - dice la dr Pierangela Rubino, Dirigente Medico specialista in oculistica (ospedale-università, Parma) - come per tutte le patologie croniche, anche nel caso dell’occhio secco si possono verificare difficoltà di aderenza alla terapia. Per esempio, il fatto di non considerarla una“malattia” sminuisce la necessità di un approccio a lungo termine.
Spesso il paziente sta meglio e interrompe la cura, poi peggiora e pensa che, riprendendola, in breve tempo possa migliorare; ma i fattori che hanno modificato il sistema della superficie oculare e innescato il circolo vizioso impiegano del tempo affinché si riducano i danni, se questi nel frattempo non sono già diventati irreversibili. Ecco perché è importante prendere coscienza della cronicità della patologia, ma anche delle fluttuazioni che la caratterizzano. Esistono infatti vari fattori di rischio, ai quali siamo più o meno esposti, che possono riacutizzare o peggiorare la sintomatologia da occhio secco. Per esempio l’aria condizionata, l’esposizione al sole, l’utilizzo di lenti a contatto, l’esposizione continuativa a tv, cellulare, pc, ecc sono tutti elementi di rischio di riacutizzazione della patologia precedentemente diagnosticata. Per questo motivo è importante un controllo continuativo. Indispensabile, infatti, ll rapporto con il medico.
Data la mutevolezza della malattia nel tempo, anche la terapia dovrà essere dinamica e personalizzata: caratteristiche che dovranno essere ben spiegate dall’oculista. Fondamentale, quindi la comprensione adeguata del trattamento a seconda dei segni,dei sintomi e di eventuali patologie alla base dell'occhio secco. Controlli periodici per verificare se le cure stiano funzionando o se debbano essere modificate, l’elargizione di consigli pratici su cosa fare per evitare il peggioramento dei sintomi. In questo contesto è quindi necessario che il paziente sia consapevole del fatto che la terapia debba essere modulata in funzione del quadro clinico manifestatosi nel tempo, con presidi ad azione multipla, efficaci nel lungo termine e in grado di modificare la storia naturale della patologia aggredendo il fattore fisiopatologico preponderante in quel momento. “Tra le soluzioni terapeutiche più efficaci oggi disponibili, rientrano – dice il prof. Aragona - i sostituti lacrimali ad azione multipla e, tra questi, quelli a base di Trealosio e acido ialuronico, che offrono ottimi risultati a lungo termine nella gestione della patologia, in associazione a terapie con cortisone,nel caso in cui i sintomi si aggravino”. Indispensabile un collegamento costante medico – paziente.
Pe facilitarlo e personalizzarlo, è stata sviluppata la APP Arianna Eye Care, la prima applicazione pensata per il paziente che soffre di questa patologia. Promossa dal Registro Italiano dei pazienti con Disfunzione Lacrimale, con il contributo educazionale e non vincolante di Thea Farma, Arianna è infatti un’app gratuita disponibile per Iose Android che connette paziente e medico per tutto il tempo intercorso tra una visita e la successiva. “L’obiettivo dell’applicazione è accompagnare il paziente nella gestione della malattia dell’occhio secco in modo più continuativo ed efficace. L’idea – dice il prof. Maurizio Rolando, presidente del Registro Italiano dei pazienti con Disfunzione Lacrimale e Professore di Oftalmologia presso Is Pre Oftalmica di Genova - è infatti quella di fornire al paziente un apparato per segnalare che il medico è interessato a sapere come sta, una sorta di “confidente elettronico”in contatto con il medico a cui segnalare il proprio stato, oltre che un sistema per registrare l’andamento della malattia nel tempo”.
Il funzionamento di Arianna è semplice, ideale anche per un target senior, maggiormente colpito dalla malattia dell’occhio secco. “Durante la visita – dice Rolando – il medico può fornire al paziente un link dal quale scaricare la App. Questa manderà in tempi stabiliti delle notifiche al paziente, chiedendogli di segnalare in modo molto semplice come sta. Basterà infatti solo schiacciare un pulsante costituito da un simbolo tipo smile, scegliendo tra le alternative disponibili quella che più rappresenta le sue condizioni al momento, sia per quanto riguarda la frequenza, che l’entità del disturbo. Potrà inoltre segnalare se i suoi sintomi sono cambiati in meglio o in peggio rispetto al periodo precedente e se sta utilizzando costantemente la terapia prescritta o se ha cambiato farmaco e/o posologia.
Oggi infatti gli agenti utilizzati nella terapia sono moltissimi, ma non tutti uguali, con una grande confusione sul mercato che talvolta può portare il paziente a cambiare trattamento su consigli di amici, della pubblicità o di altri operatori sanitari magari meno qualificati nello specifico”. In questo modo, Arianna può rappresentare il “collante” ideale tra la prima visita e quelle successive di follow up. Inoltre, è importante sottolineare che, oltre a far sentire il paziente meno solo nel proprio percorso di cura, Arianna costituisce senza dubbio per l’oculista uno strumento in grado di migliorare la compliance terapeutica.
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