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L'intervista
Federica Marangio
01 Febbraio 2020
È emergenza sanitaria mondiale. Lo dichiara l’OMS. L’Italia, uno dei paesi all’avanguardia per il monitoraggio delle infezioni, ha affidato la gestione dello stato d’emergenza al capo della Protezione Civile, Antonio Borrelli, stanziando 5 milioni di euro. Per un quadro completo sul virus “2019-n-CoV”, meglio noto come Coronavirus, abbiamo intervistato Susanna Esposito, professore ordinario di Pediatria all’Università di Parma e direttore della Clinica Pediatrica all’Ospedale Pietro Barilla dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Parma, nonché Presidente dell’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici (WAidid). Dall’inizio del secolo questa è la terza epidemia, dopo la SARS e la MERS.
Professoressa, è forte il rischio di un’epidemia o si stanno creando falsi allarmismi? Il morbillo è davvero più pericoloso?
È vero che l’influenza causa più morti dell’infezione da Coronavirus, ma la popolazione è suscettibile a questo agente infettivo, in quanto sconosciuto, al 100%, ma la probabilità di morte è pari al 2,7%. È fondamentale un atteggiamento precauzionale per evitare il rischio di pandemia. Non esiste ad oggi una terapia antivirale efficace o un vaccino specifico che possa combattere l’infezione, ma il Paese deve rimanere unito, garantendo un approccio univoco in tutte le Regioni di Italia con l’obiettivo di contenere il contagio attraverso misure preventive. Falsi allarmismi da una parte o eccessiva superficialità dall’altra sono da bandire. Il lavoro degli ospedali deve essere perfettamente integrato con il territorio, fornendo indicazioni nazionali precise. Un soggetto che presenta sintomi respiratori, febbre, tosse e catarro, e che nelle ultime due settimane non si è recato in Cina e non è entrato in contatto con un paziente contagiato, non ha motivo di preoccuparsi e presentarsi al Pronto Soccorso chiedendo l’esecuzione di test virologici specifici. Le Unità di Crisi allertate devono essere dedicate a divulgare informazioni corrette per evitare il dilagarsi del panico.
Quali precauzioni possono essere applicate dagli italiani per limitare la diffusione del virus?Non si ravvisa la necessità di indossare mascherine di alcun tipo in assenza di malattia. Prioritario rimane assicurarsi una costante igiene delle mani per le malattie a trasmissione respiratoria o per contatto diretto. Intendo sottolineare che non vanno in alcun modo discriminate le popolazioni asiatiche perché i cinesi residenti nel nostro Paese che non si sono recati in Cina nelle ultime due settimane non sono potenziali vettori di infezione da Coronavirus né tantomeno il cibo cinese è in grado di trasmettere l’infezione.
Quali sono i pazienti esposti a maggiore rischio?
Tutti possono acquisire questa infezione, ma verosimilmente categorie con patologie respiratorie croniche, insufficienza di organo o soggetti immuno-compromessi come anche gli anziani e i bambini nei primi anni di vita, hanno un rischio più elevato di mortalità rispetto alla popolazione generale.
A proposito di bambini…
È interessante approfondire i dati dell’infezione in soggetti in età pediatrica, in quanto il numero dei bambini infetti in Cina è molto modesto.
Come si spiega questo, professoressa Esposito?
Probabilmente i bambini sono più spesso esposti a malattie respiratorie che a volte passano inosservate e, non accedendo al Pronto Soccorso accusando una sintomatologia lieve, risolvono il caso a domicilio. Un’altra ipotesi potrebbe essere che il sistema immunitario dei bambini, infettandosi nei primi anni di vita con altri virus, in un certo senso riconosce il Coronavirus, avendo una risposta immunitaria crociata – gli anticorpi diretti verso altri virus sono in grado di combattere il Coronavirus – .
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