Dieci anni senza Armando, il fotoreporter barese che fermò nei suoi scatti la storia del Bari calcio

Armando Marulli ha immortalato negli anni d'oro, e senza digitale, le partite della squadra biancorossa. Il racconto della figlia Erica

francesca di tommaso (video Donato Fasano)

Reporter:

francesca di tommaso (video Donato Fasano)

Mercoledì 05 Febbraio 2025, 16:56

18:23

BARI - Dieci anni senza Armando, professione fotografo. Meglio: fotografo del Bari calcio. A lui si devono gli scatti, inevitabilmente in bianco e nero, delle grandi stagioni del Bari calcio, anni d'oro 1970 e dintorni.

«Armando? Un papà che la domenica ci lasciava all'ora di pranzo e tornava a casa la sera. Alla fine ci eravamo abituati, e poi tornava stanco ma pieno di entusiasmo, aneddoti da raccontare per farci sorridere, sognare». A spiegare chi era Armando Marulli è Erica, figlia dello storico fotoreporter. «Nel 2025 sono dieci anni che ci ha lasciati - racconta Erica - eppure il suo ricordo è vivo più che mai, e non solo per noi. Proprio in questi giorni mi stanno chiedendo in tanti se custodiamo ancora i suoi scatti del "trenino del Bari": papà, tanto per cambiare, era quello che scattava subito, nel vero senso della parola si precipitava in campo per scattare la foto dei calciatori in ginocchio in fila indiana per festeggiare i gol con un trenino umano». Un momento iconico della storia calcistica barese e nella storia del calcio in generale, nel tempo poi imitato da tantissimi. 


Armando, così lo conoscevano tutti, si era avvicinato al mondo della fotografia non giovanissimo. Prima imbianchino, poi rappresentante di infissi e quindi i primi passi con i rullini da "Foto Julia", in via Andrea da Bari. «Continuò nello studio Ficarelli - racconta Erica -. E poi, credo nel '76, aprì lo studio fotografico tutto suo, "Foto studio A", in via Abate Gimma. Cominciò con battesimi e matrimoni ma presto la passione per il calcio ebbe la meglio. Persino io, ragazzina, sono stata qualche volta al suo fianco in campo, a fare da raccattapalle». Così come i suoi due fratelli, Nicola e Antonio. Uno di loro divenne grande amico di Antonio Cassano, lo seguì nei suoi spostamenti di squadra in squadra. 

Generoso e creativo, Armando non si risparmiava in nulla e coglieva l'attimo giusto nonostante lo scarso aiuto della tecnologia dell'epoca: memorabili le sue corse, i guizzi, gli "appostamenti" per immortalare la foto di un calcio di rigore, per fermare in uno scatto il gol rubato. Ma non solo: i tifosi ricordano divertiti i suoi siparietti quando inseguiva e afferrava i galletti, i pennuti veri e propri che talvolta venivano lasciati liberi in campo prima delle partite.

Armando e «la» Bari, «la» Bari e Armando. Una vita ai bordi del campo, borsello a tracolla, orgoglioso come mai della sua pettorina da fotografo con il numero 1.  Sul sito della Fc Bari 1908 lo ricordano così nel giorno della sua scomparsa, l'estate 2015: «Da questa mattina i clic dello storico fotografo Armando Marulli (82 anni) si sono fermati. Sempre presente a bordo campo con la sua macchina fotografica rigorosamente con pellicola. Anche con l’avvento della digitale non ha mai voltato le spalle al passato. Dagli anni Sessanta i suoi clic hanno fermato il tempo di molti giocatori e fatto sognare migliaia di tifosi. Molti lo ricorderanno per le sue serpentine in mezzo al campo e le sue affannate corse per immortalare una rete o un’esultanza». 

«Era generoso, allegro e imprevedibile - continua Erica - fino a quando ha tenuto aperta l'attività, nel 2007, nel suo studio era un andirivieni di tifosi. E a nessuno negava la foto di questo o di quello, le regalava orgoglioso del suo lavoro ma soprattutto della sua squadra». Gli ultimi anni di vita non furono facili: non riusciva più a camminare e «in tre anni lo ricoverammo 25 volte - racconta Erica -. Lui che non era mai stato fermo per più di cinque minuti, nell'ultimo periodo si trascinava dal letto alla poltrona davanti alla tv. Lucidissimo, raccontava dei suoi incontri, come lo scatto con Armando Maradona che avvicinò scherzando sullo stesso nome di battesimo.

Soffriva purtroppo di una cardiopatia dilatativa severa, la situazione precipitò. A me - continua Erica - ripeteva: so che morirò presto, ma sono sicuro che mi ricorderanno in tanti». Ai suoi funerali, c'erano davvero tutti: «dalla curva Nord al completo, con gli striscioni, ai calciatori, ai dirigenti, l'intera città biancorossa -. Conclude Erica -. E pensai: aveva ragione. Ma, ironia della sorte, non abbiamo nemmeno una foto di quell'abbraccio collettivo». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

ALTRI VIDEO